martedì 26 aprile 2011

Guerra Libia, Ultime notizie: Emergency va via dal paese e denuncia strage di civili. La guerra di Libia. Paura per spettro nuovo Vietnam

Emergency va via dalla Libia. E denuncia la strage di civili che sta avvenendo nel paese, dove la guerra civile tra gli insorti e le forze di Muammar Gheddafi, con l’intervento aereo di molti paesi della Nato, sta mietendo moltissime vittime soprattutto tra la popolazione. Mentre in queste ore il nostro Parlamento sta discutendo l’intervento militare nel paese (finora, infatti, il nostro era stato solamente un appoggio, mai un colpo era stato sparato dai nostri aerei), ecco che Emergency denuncia la situazione nel paese, affermando che le bombe non stanno affatto proteggendo la popolazione. I malati e i medici che li curano sono un obiettivo sensibile. Per questo il gruppo di Gino Strada si è ritirato a Malta.(Fonte: Hai sentito)
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La guerra di Libia, un altro Vietnam

di Maurizio d'Orlando

L’escalation militare sembra andare oltre le premesse e il mandato dell’Onu. Inascoltato il papa e il vescovo di Tripoli, che chiedono spazio per la diplomazia e no alle armi. La guerra fra i ribelli libici e l’Italia (agli inizi del ‘900) è durata circa 20 anni. Con l’intervento militare si conclude la fase iniziata con la pace di Vestfalia: è la fine della democrazia occidentale.
Milano (AsiaNews) - Lo spettro di un nuovo Vietnam si affaccia nel Mediterraneo. Quello che fino a un mese fa veniva chiamato “intervento umanitario” per salvare i libici dalle violenze di Gheddafi è ormai divenuta una guerra. Nonostante gli appelli di Benedetto XVI (anche il giorno di Pasqua) a favorire la diplomazia sulle armi, l’Italia ha ormai deciso un’escalation, offrendosi di bombardare “obbiettivi in Libia”. Giorni fa gli Stati Uniti hanno dato l’ok all’uso di aerei droni per colpire obbiettivi militari (gli stessi droni che in Pakistan fanno vittime fra i civili).

Il punto di svolta è avvenuto il 20 aprile scorso. In un incontro a Roma tra i ministri della Difesa di Gran Bretagna ed Italia è stata ufficializzata la decisione di inviare in Libia, a sostegno dei ribelli, dieci istruttori militari da parte di ciascuno dei due Paesi. Questi istruttori militari si aggiungono a quelli francesi già presenti in maniera ufficiale, dopo che già agli inizi di marzo la Francia ha riconosciuto il Consiglio Nazionale Libico di Bengasi, il Comitato degli insorti, come unico organo di governo in rappresentanza della Libia. Gli istruttori italiani ed inglesi andranno così ad aggiungersi alle unità di truppe delle forze speciali inglesi e francesi già da mesi in territorio libico in maniera non ufficiale.

La decisione è stata presa dopo che il giorno precedente, il 19 aprile, il ministro italiano della difesa, Ignazio La Russa, era stato convocato a Washington a colloquio con il ministro della Difesa americano Robert Gates. Con tale decisione la guerra in Libia è ad un punto di svolta, in preparazione dell’operazione Eufor Libya, spiegata ufficialmente dal ministro finlandese degli esteri Alexander Stubb. Si tratta dell’invio in Libia di forze militari terrestri, ufficialmente per formare un corridoio umanitario per l’evacuazione della popolazione civile di Misurata. Secondo Stubb la decisione europea dipende solo da una richiesta dell’Onu o della Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite di Coordinamento degli Affari Umanitari.

Quello in Libia viene in effetti ancora presentato come un intervento umanitario. Cosa ci sia di umanitario nell’operazione programmata in Libia non è davvero chiaro. Infatti, finora non ci sono stati riscontri alla campagna propagandistica preventiva lanciata da vari organi di stampa e da alcuni emittenti televisive. Si diceva, ad esempio, che già nelle prime settimane tra i civili vi sarebbe stato un totale di 10 mila morti. Al Jazeera (l’emittente televisiva di matrice islamica con sede nel Qatar) aveva asserito che l’aviazione libica avrebbe bombardato dei civili che manifestavano contro il governo. Questa notizia, successivamente, si era rivelata falsa, ma aveva fornito il pretesto per far passare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la risoluzione 1973. La delibera era passata senza che Cina e Russia ponessero il veto – come era loro diritto. In base ad essa le Nazioni Unite autorizzavano i Paesi membri ad istituire il blocco dello spazio aereo libico. In tal modo si voleva impedire che gli aerei dei reparti dell’aviazione libica fedeli al governo di Tripoli si potessero levare in volo per sedare la rivolta.

Anche la rete televisiva statale inglese, la Bbc, un tempo considerata autorevole per la propria indipendenza nel riferire le notizie, si è dovuta piegare alle esigenze della propaganda di guerra. Per giustificare un intervento con truppe di terra ha affermato che le truppe fedeli a Gheddafi avrebbero utilizzato bombe a grappolo contro i civili a Misurata, un’azione atroce contro la propria stessa popolazione. Essa non è proprio un “crimine di guerra” perché non attuata contro territorio nemico, ma sarebbe stato sufficiente a dare un connotato “umanitario” all’intervento militare.

Il governo di Tripoli ha, però, smentito ed ha avuto gioco facile. Noi, ha detto un suo portavoce, non solo non siamo dei criminali che utilizzano bombe a grappolo contro i civili, ma non siamo nemmeno imbecilli. Le bombe a grappolo lasciano, infatti, tracce evidenti per giorni e mesi, che la Bbc non ha mostrato, e fornire una così grande arma propagandista a chi ci bombarda sarebbe stato da veri idioti. Infine, anche la situazione a Misurata sembra differente da quella che viene descritta da molti organi d’informazione. Negli ospedali della città il numero delle donne ricoverate con ferite dovute agli scontri è solo il 3% e questo fa ritenere che i ricoverati siano per lo più combattenti armati e non civili estranei ai combattimenti.

Quanto all’Onu, il suo voltafaccia rasenta l’ipocrisia. Fino a pochi mesi prima del conflitto, le Nazioni Unite consideravano la Libia di Gheddafi uno dei migliori Paesi dell’Africa dal punto di vista di qualità della vita, distribuzione della ricchezza, istruzione, salute, servizi medici alla popolazione. Che cosa davvero giustifica dunque l’intervento militare a fini umanitari? Probabilmente non lo sapremo mai, come mai abbiamo saputo dove sono andate a finire le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Eppure proprio questa era stata la motivazione ufficiale addotta per giustificare l’invasione dell’Iraq.

Qui non si afferma che Gheddafi sia esente da macchie e colpe o anche solo da possibili critiche, è ovvio. Altrettanto evidente, però, è che in Libia non c’è stata una pacifica protesta popolare, ma una rivolta armata o un progetto di secessione che qualsiasi Stato non può permettere che si verifichi, se vuole preservare la propria indipendenza e sovranità nazionale. Reprimere una sedizione militare o una secessione comporta l’uso della forza. Gheddafi non è certo Abramo Lincoln, ma anche gli Usa nella loro storia hanno combattuto una guerra civile e non certo per abolire lo schiavismo – visto che alcuni Stati del Nord rimanevano schiavisti – ma perché gli Stati Confederati del Sud – ed alcuni di essi non erano schiavisti – avevano proclamato la secessione.

Nel caso di Gheddafi erano appena iniziati gli scontri, i fatti non erano ancora ben noti e già contro di lui era stato spiccato mandato di cattura internazionale per “crimini contro l’umanità”. Gheddafi deve andarsene, questo afferma la Nato, questo è l’obbiettivo della guerra, ma non si sa bene nemmeno dove. Probabilmente, nelle speranze di chi l’ha messa in atto e di chi l’ha fomentata, l’insurrezione si sarebbe dovuta concludere in breve tempo con la fuga o la cattura di Gheddafi. Così non è stato e quella che avrebbe dovuto essere una breve vittoriosa rivolta, un colpo di mano, si è trasformata in una guerra civile, fomentata, finanziata ed armata dall’esterno.

Questo intervento “umanitario” in Libia, è perciò in realtà una guerra ed a prima vista sembrerebbe una guerra di tipo neo-coloniale. Bloomberg[1] riporta, infatti, che la prima cosa che hanno fatto i ribelli è stata di costituire una Banca Centrale a Bengasi ed una Compagnia Petrolifera Nazionale sempre a Bengasi.

Chi affronta una guerra deve porsi il quesito sul costo e sulla possibile durata del conflitto. Come le insurrezioni “spontanee” in Egitto ed in Tunisia, anche il bombardamento aereo franco-inglese sulla Libia era stato programmato da tempo, addirittura dal 2 novembre dello scorso anno, data in cui: “la Francia e la Gran Bretagna hanno firmato degli accordi di cooperazione senza precedenti in materia di difesa e di sicurezza”. Così è, infatti, scritto letteralmente nella presentazione del sito congiunto dell’aeronautica militare francese e britannica[2]. In esso viene descritta un’esercitazione, la “Southern Mistral 2011”, in cui, dietro il nome in codice di Southland, una dittatura che attacca gli interessi nazionali francesi, è facile intuire il chiaro riferimento alla Libia. Probabilmente ci si era resi conto che, a differenza di Ben Alì e di Hosni Mubarak, Gheddafi aveva un suo progetto politico in cui credeva e non avrebbe tolto subito il disturbo. Per convincerlo si pensava perciò che sarebbero bastate un po’ di bombe. Purtroppo gli arsenali europei sembra abbiano esaurito le riserve di bombe e Gheddafi non se n’è ancora andato.

Fin dall’inizio del conflitto, mons. Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli, ha auspicato trattative politiche, ma né la Nato, né il Consiglio Nazionale Libico di Bengasi pare vogliano sentirne parlare. Sembra essere tornati all’epoca della Grande Guerra, lontano frutto anch’essa di un accordo franco-britannico (la “Entente cordiale” siglata nel 1904). Anche nel 1914 i franco-britannici pensavano che si sarebbe trattato di una breve guerra, e dopo pochi mesi le munizioni dovettero essere importate dagli Usa. Anche nel 1917 le forze dell’Intesa, che oltre alle munizioni avevano a quel punto esaurito ogni altra risorsa e la possibilità di ottenere ulteriori finanziamenti, rifiutarono le trattative di pace proposte da Carlo I d’Austria – poi dichiarato Beato dal papa Giovanni Paolo II. Anche in quella occasione non si diede ascolto alla voce della Chiesa, gli appelli dell’allora papa Benedetto XV a porre fine alla "inutile strage". Arrivarono in soccorso un milione di soldati americani sul suolo europeo e l’Intesa ebbe la sua vittoria senza compromessi. Ne nacque, però, anche la Rivoluzione Bolscevica e la Russia per 73 anni è stata afflitta dalla dittatura sovietica che ha fatto da 60 a 80 milioni di vittime sul suolo russo e molte di più nel mondo intero ed in Cina in particolare. Oggi, non sembra che gli Usa vogliano per il momento impegnare truppe di terra, come nel 1917. L’intervento perciò dovrà essere gestito dagli europei. L’esperienza coloniale italiana mostra però che difficilmente si potrà trattare di un impegno di breve durata: dal 1911 la guerriglia libica contro l’occupazione italiana durò circa vent’anni. La Libia sembra perciò avviarsi a diventare un nuovo teatro di guerriglia come lo fu il Vietnam per gli americani. L’invio di istruttori fa perciò riaffiorare ricordi sinistri, sembra preannunciare un nuovo “Vietnam” , il Vietnam europeo. Anche in Vietnam tutto ebbe inizio con basso profilo, ma poi vi fu un crescendo. Nel 1961 il presidente Kennedy iniziò ad inviare 900 istruttori militari. Alla fine del 1962 il loro numero era salito a 11mila. Nel 1969 le truppe americane arrivarono a toccare il picco con 543mila unità dislocate nel Paese.

Preoccupa anche la prospettiva che al posto di dirigenti nazionalisti arabi di stampo nasseriano (Hosni Mubarak, Gheddafi e Ben Alì) si installino nel Mediterraneo ed in tutti i paesi arabi capi islamici ed estremisti – salafiti e quaedisti. In tal caso potrebbe davvero prefigurarsi uno scontro tra fronte laicista ed uno islamista.
Quello che preoccupa inoltre è che l’impegno militare in Libia non è solo una guerra neocoloniale, ma potrebbe essere un passaggio davvero epocale, la fine di un’epoca iniziata con il Trattato di Vestfalia del 1648. In questo senso, le risoluzioni 1970 e 1973 dell’Onu sanciscono di fatto la fine del principio della sovranità nazionale e della non ingerenza negli affari interni (il noto principio del “Cuius regio, eius religio”) di un paese internazionalmente riconosciuto come sovrano ed indipendente. Si apre così la strada all’avvio di un direttorio mondiale, un governo planetario, cui si affiancherebbe una banca centrale mondiale. Se così fosse, la guerra di Libia segnerebbe la fine della democrazia occidentale e del sistema che si è andato sviluppando negli ultimi tre - quattro secoli. (Fonte: Asianews)


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-Guerra Libia, Dura Condanna per ecisione insensata e scellerata del governo.
26 Aprile 2011
Quanto detto e fatto oggi da quegli assoluti infami e traditori della patria e della Costituzione, nonché di tutte le leggi internazionali…che rispondono ai nomi di Silvio Berlusconi e Giorgio Napoletano è degno delle miserie del più basso impero ……


In un paese normale dove avessero valore le leggi questi due cialtroni sarebbero immediatamente catturati, processati per direttissima e fucilati alla schiena. Costoro hanno stravolto ogni possibile legalità del pensiero, delle dichiarazioni e dell’azione…
Di fatto hanno :

a) condotto l’Italia in guerra ….

b) senza nessuna dichiarazione di guerra….

c) Senza aver riunito le camere e aver sottoposto il quesito al parlamento…..

d) senza che il presidente Napoletano lo controfirmasse..

e) Senza che ve ne fosse la necessità….

f) senza il consenso della popolazione che è tutta palesemente contraria…..

g) esponendo la popolazione a rischio di eventuali ritorsioni.

E tutto questo dopo che Berlusconi poco più di una settimana fa aveva dichiarato che mai avrebbe intrapreso una diretta iniziativa di guerra contro la Libia…
Che dire…. Più evidente di così che :
1) questa non è una repubblica ……

2) meno che mai democratica;

3) la legge non vi alberga più, se mai ci sia mai stata;

4) questa è viceversa una “repubblica delle banane" dove chi comanda sta a Washington e la sua "DEPENDENCE" sta a Parigi;

5) il parlamento non conta un cazzo e le decisioni (pure a livello locale) le prendono in tre o quattro;

6) La costituzione è solo un’accogliazza di parole in ordine sparso che quando occorre le si ordina secondo il proprio tornaconto e viceversa quando non serve non conta nulla;

7) Siamo comandati da una banda di canaglie, corrotte, dissolute, putrefatte, che stravolgono ogni conquista sociale, politica, morale civile…..ad esclusivo ed inclusivo uso e consumo loro e dei loro padroni.
Se mai avessi avuto dei dubbi e da oltre un quarto di secolo non li ho…. Ora proprio me li hanno tolti di forza e quindi ….. almeno per quanto riguarda costoro, ho solo certezze indefettibili e conseguentemente ….
A) IO NON RICONOSCO PIU’ L’AUTORITA’ DI COSTORO……

B) DELLE ISTITUZIONI …

C) E DEI FUNZIONARI CHE TOLLERANO QUESTO COLPO DI STATO PALESE E MANIFESTO E NESSUNO DI COLORO DEPUTATI A CIO’ E’ INTERVENUTO A SANARE QUESTO VULNUS COSTITUZIONALE, GIURIDICO, POLITICO.

(Di " Orazio Fergnani " dal Gruppo FB: Alba Mediterranea)

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- Leggi art. correlato: Berlusconi: «Sì ai bombardamenti in Libia»  L'ira della Lega. Il governo si spacca

L'Italia dichiara guerra alla Libia nel giorno della festa della Liberazione. Palazzo Chigi: «Sì ad azioni aeree mirate. Il Parlamento sarà informato», la decisione di Berlusconi dopo un colloquio con Obama. La Lega subito insorge, rischio di crisi sulla Libia. Calderoli: «Bombardamenti? non avranno il mio voto». Italo Bocchino, vicepresidente di Fli: «Le parole di Calderoli aprono la crisi di governo». Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa: «Napolitano avvertito preventivamente della decisione di cambiare la natura della missione italiana in Libia. I missili italiani - ha sottolineato il ministro - colpiranno solo obiettivi specifici». Enrico Gasbarra, deputato Pd: «Governo viola l'articolo 11 della Costituzione». Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato: «Il nostro riferimento continua ad essere la risoluzione 1973 dell'Onu. Il governo spieghi in Parlamento questa svolta». Il Gen. Tricarico, ex capo Stato maggiore dell'Areonautica: «Decisione Italia incommentabile»


LA NOTA DI PALAZZO CHIGI

«Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha avuto poco fa una lunga conversazione telefonica con il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sugli sviluppi della crisi libica», si legge nella nota di Palazzo Chigi. «Nel corso del colloquio - prosegue il comunicato - il Presidente Berlusconi ha informato il Presidente Obama che l'Italia ha deciso di rispondere positivamente all'appello lanciato agli Alleati dal Segretario Generale della Nato in occasione della Riunione del Consiglio Atlantico del 14 aprile scorso a Berlino, e dopo i contatti avuti successivamente dal Presidente del Consiglio e dai Ministri degli Esteri e della Difesa, per aumentare l'efficacia della missione intrapresa in Libia in attuazione delle Risoluzioni ONU 1970 e 1973».

«A tal fine l'Italia (che sin dall'inizio sta fornendo un cruciale contributo all'operazione Unified Protector in termini sia di assetti aerei e navali assegnati alla missione sia di disponibilità delle proprie basi aeree per lo schieramento di aerei alleati) - si precisa nella nota di Palazzo Chigi - ha deciso di aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell'intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica. Con ciò, nel partecipare su un piano di parità alle operazioni alleate, l'Italia si mantiene sempre nei limiti previsti dal mandato dell'operazione e dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». «Le azioni descritte si pongono in assoluta coerenza con quanto autorizzato dal Parlamento, sulla base di quanto già stabilito in ambito Onu e Nato, al fine di assicurare la cessazione di ogni attacco contro le popolazioni civili e le aree abitate da parte del regime di Gheddafi. Sugli sviluppi e sugli aggiornamenti il Governo informerà il Parlamento e i Ministri degli Esteri e della Difesa sono pronti a riferire davanti alle Commissioni congiunte Esteri-Difesa». «Il Presidente Berlusconi telefonerà tra poco al Primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, e al Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, per informarli di tali sviluppi, e ne parlerà domani - conclude il comunicato - con il Presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy, in occasione del Vertice Intergovernativo previsto a Roma».

CALDEROLI: «NON AVRANNO IL MIO VOTO»

«Non so cosa significhi ulteriore flessibilità, ma se questo volesse dire bombardare non se ne parla. Il mio voto in questo senso non l'avranno mai». Lo afferma Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione legislativa e responsabile delle segreterie nazionali della Lega Nord. «Ero e resto contrario a qualunque ulteriore intervento in Libia rispetto a quello che già abbiamo reso disponibile e fatto», aggiunge il ministro. «Abbiamo già fatto abbastanza mettendo a disposizione le basi e l'appoggio logistico e il pattugliamento anti-radar - prosegue Calderoli -. Personalmente non avrei dato neanche questa disponibilità se non in cambio di un concreto concorso delle forze alleate al respingimento dell'immigrazione clandestina e alla condivisione del peso dei profughi».

ITALO BOCCHINO: DI FATTO SI APRE CRISI DI GOVERNO

«La dichiarazione di Calderoli sull'intervento italiano in Libia apre di fatto la crisi di governo. Berlusconi ha garantito a Obama ciò che mai avrebbe voluto fare per non turbare la dittatura di Gheddafi, ma non ha fatto i conti con la cultura antinazionale della Lega che è pronta a far sfigurare l'Italia a livello internazionale pur di prendere quattro voti in più alle amministrative». Lo dichiara Italo Bocchino, vicepresidente di Futuro e Libertà, che aggiunge: «A questo punto è opportuno un immediato dibattito parlamentare sull'intervento in Libia che faccia emergere le posizioni reali delle forze politiche e la solidità del governo in politica estera, senza la quale è evidente che sarebbe preferibile il ricorso alle urne».

LA RUSSA: NAPOLITANO AVVERTITO PREVENTIVAMENTE

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è stato avvertito preventivamente dal governo della decisione di cambiare la natura della missione italiana in Libia, prevedendo azioni aeree mirate. Lo ha riferito il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

FRATTINI: E' LA RISPOSTA A RICHIESTA INSORTI BENGASI

La partecipazione dell'Italia ai bombardamenti in Libia è la «naturale prosecuzione di una missione che non cambia» e comunque è la risposta del governo ad una precisa richiesta arrivata dai ribelli di Bengasi. «È arrivato a Roma il capo del Consiglio Nazionale Transitorio (Mustafa Abdul Jalil; ndr) e ci ha detto 'noi chiediamo all'Italia un impegno più grande: è evidente che sentito dire dai libici, questo ha un effetto importante», ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, dopo l'annuncio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

GASBARRA, PD: «GOVERNO VIOLA L'ART.11 DELLA CARTA»

«La decisione del governo italiano di partecipare alla missione libica con azioni belliche dirette è grave e in palese contrasto con l'articolo 11 della Costituzione». Lo scrive in un comunicato il deputato del Pd, Enrico Gasbarra. «Una modifica così rilevante della missione deve essere decisa dal Parlamento che va convocato per votare l'autorizzazione - conclude Gasbarra - a bombardare e non può certo bastare una semplice informativa».

FINOCCHIARO, PD: «OK SE ENTRO RISOLUZIONE ONU»

«Il nostro riferimento continua ad essere la risoluzione 1973 dell'Onu. Se verranno confermati i confini di quella risoluzione il Pd non farà mancare il suo assenso». Lo dice la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro per la quale «è necessario che il Governo venga al più presto in Parlamento a spiegare i motivi di questa svolta nell'atteggiamento italiano riguardo la crisi libica». «Con estrema disinvoltura, e senza un coinvolgimento che sarebbe stato doveroso dell'opposizione - lamenta Anna Finocchiaro - il Governo cambia improvvisamente idea e decide di intervenire piu direttamente». «Quello che troviamo gravi - aggiunge Finocchiaro - sono le divisioni irresponsabili che continuano a manifestarsi dentro il governo con la Lega che continua a prendere le distanze dalle decisioni di Berlusconi. Questo è un fatto per noi inaccettabile che testimonia della crisi continua e irreversibile di questo esecutivo».
GEN. TRICARICO: «ALTI RISCHI DANNI COLLATERALI»

Bombardamenti o azioni mirate? «In ogni caso c'è un rischio altissimo di danni collaterali». L'ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica e membro della Fondazione Icsa, generale Leonardo Tricarico ha un'opinione ben diversa da quella del ministro La Russa, secondo il quale le missioni su «obiettivi specifici» ridurranno i rischi per la popolazione civile. «Mi pare chiaro che non si vogliono utilizzare i termini per quello che sono - afferma Tricarico -. Le azioni mirate, dunque i bombardamenti, sono molto pericolosi, anche perchè di obiettivi militari dopo oltre un mese di azioni alleate ne dovrebbero essere rimasti ben pochi». Dunque da oggi «c'è un salto di qualità non da poco». Il ministro La Russa, sottolinea l'ex capo di Stato Maggiore, «finora ha negato, ma gli unici bombardamenti effettuabili erano quelli dei Tornado contro le postazioni di difesa aerea di Gheddafi». Da oggi invece si utilizzeranno altri mezzi, «a cominciare dai Tornado cacciabombardieri, dagli Amx e dagli Av8» armati con «bombe a guida di precisione e cannoni». Assetti che potrebbero provocare «danni collaterali». Molto meglio, secondo Tricarico, sarebbe stato meglio utilizzare i Predator, «mezzi più efficaci che però il ministro La Russa si ostina a tenere disarmati in Afghanistan» e gli elicotteri Mangusta. Secondo Tricarico, inoltre, i velivoli italiani saranno pronti ad entrare in azione «nella migliore delle ipotesi entro 72 ore a partire da ora». In ogni caso, la decisione italiana di cambiare strategia è, secondo Tricarico, «incommentabile». (Fonte: L'UNITA')  

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