ALIFE(Ce) - A proposito delle prossime amministrative in città vorrei esprimere un pensiero, "positivo" se mi si consente, che si riferisce alla notizia appresa in questi giorni, circa la proposta avanzata dal candidato alla carica di sindaco della lista 2 "Per Alife" dott. Giuseppe Avecone riguardante la "rinuncia all' indennità", in caso di elezione. Quest' idea fu lanciata durante gli incontri che svolgemmo in luoghi "simbolo" della nostra cittadina, lo scorso dicembre, nell'ambito del "Fuoco della Pace", e che, in occasione dell' attuale campagna elettorale si sarebbe riproposta ai candidati. Un plauso quindi al dott. Avecone per essersene fatto promotore. La rinuncia all' indennità o almeno di una parte di essa, consentirebbe l' attivazione di un fondo sociale a favore delle famiglie precarie, con la possibilità di avviare progetti di cooperazione e di sviluppo locale con la possibilità di offrire nuove opportunità di lavoro per i disoccupati. Senza lavoro non c'é sviluppo e senza sviluppo una comunità é destitnata a scomparire. La povertà impedisce lo sviluppo. Ciò che manca alla nostra città é la "Cultura della solidarietà sociale", sulla quale si fonda anche l' impegno per la Pace. Poco é stato fatto su quest' argomento sino ad ora, e al di là di sporadiche iniziative benefiche manca una vera e propria educazione-formazione a questi argomenti. Se non si acquista consapevolezza e "presa di coscienza" sarà difficile dare una svolta e cambiare. I bei discorsi e i programmi lanciati durante la campagna elettorale saranno destinati a restare solo parole. "Esercitare politica significa servire la comunità e addossarsi dei problemi di tutti, partendo da quelli delle fasce più deboli e precarie". E come dice quel detto che: "Il buongiorno si vede dal mattino", colgo quindi l'occasione per "invitare" i candidati alla carica di consigliere e alla carica di sindaco delle due liste a dare un "segnale di civiltà" e ad aderire alla "Raccolta generi alimentari" (raccolta generi alimentari a lunga conservazione), ultimo progetto sociale attivato dal nostro "Movimento per la Pace", in favore delle famiglie disagiate di Alife. Molti cittadini alifani (e non) vi hanno già aderito. Fra questi proprio i familiari e i parenti del compianto sindaco Fernando Iannelli. Le buone pratiche come i buoni esempi di vita, sono la prima dote di cui deve rivestirsi un signore che decide di ricoprire un incarico pubblico. Il cambiamento avverrà quando lo si inizierà a fare seriamente e insieme, partendo proprio dai gesti e dalle azioni concrete. Grazie per l'attenzione e auguri di Pace a tutti! ( di Agnese Ginocchio, Testimonial per la Pace. Movimento Internazionale per la Pace e la Salvaguardia del Creato. )
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Mov. Ambasciatori del Movim. Internazionale per la Pace e la Salvaguardia del Creato - III Millennio
Portale della rete del "Movimento Ambasciatori per la Pace del Movimento Internaz. per la PACE e la SALVAGUARDIA del CREATO del III Millennio, Provincia di Caserta, Regione Campania, Italia". Ente Terzo Settore - Organizzazione di Volontariato laico, apartitico, di impegno sociale e civile, per i diritti dei cittadini, delle fasce disagiate, le Pari Opportunità, la difesa del Creato, Ambiente e Beni Comuni. Contro tutte le mafie, guerre, violenze, ingiustizie, corruzione..
sabato 30 aprile 2011
venerdì 29 aprile 2011
Primo Maggio 2011. Lettera al Fratello operaio in una fabbrica di armi(di d. Tonino Bello)* Noi non sfileremo nei cortei insieme a chi produce strumenti di morte e di distruzione.
AL FRATELLO CHE LAVORA IN UNA FABBRICA DI ARMI (di don Tonino Bello, vescovo e profeta di Pace)
Caro operaio,
non si direbbe. Ma scrivere a te, che con altri ottantamila compagni di lavoro strappi la vita in una delle trecento fabbriche di morte disseminate in Italia, è più difficile che scrivere al Sottosegretario della Difesa.
Si, perché a protestare sulla produzione delle armi con i funzionari delle cancellerie diplomatiche, male che vada, ti tiri addosso solo un po’ di compatimento e qualche sorriso divertito sulla tua ingenuità.
Ti diranno, ammiccando, di apprezzare molto i tuoi vaporosi aneliti di pace, ma che poi bisogna sapere stare con i piedi per terra.
Ti faranno intendere con eleganza che a un vescovo si addice meglio tracciare benedizioni solenni, piuttosto che impicciarsi di fabbriche di armi e dei relativi traffici clandestini.
Al massimo, con le manovre della più scoperta sufficienza, ti esprimeranno il fastidio di dover discutere di certe cose con chi sa solo citare il profeta Amos o S. Tommaso o, all’occorrenza, qualche teologo della liberazione, ma poi non sa nulla di Keynes o di Galbraith o di tutte le diavolerie della scienza economica.
Tutto sommato però, se si sa sostenere il peso dell’ironia, ti verranno sottomano tali argomentazioni da “scacco matto”, che si possono mettere in crisi anche i ragionamenti più sofisticati.
Scrivere a te, invece, riesce quasi impossibile. Perché non regge a nessuno l’animo di dirti che, se pure incolpevolmente, tu collabori a seminare morte sulla terra.
E neanche io te lo voglio dire.
Hai già tanti problemi sulle spalle, che non mi sento di gravarti la coscienza di un ulteriore fardello.
Sei così preoccupato, come tutti i lavoratori, dagli spettri della fame, che non mi và di intossicarti anche quei quattro soldi che ti danno.
Hai così viva la percezione di essere vittima di una squallida catena di sfruttamento, che sarebbe crudeltà dirti senza mezzi termini che, oltre che oppresso, sei anche oppressore.
Mi sembrerebbe di ucciderti moralmente prima ancora che le armi confezionate dalle tue mani potessero fare strage di altri innocenti.
Povero fratello operaio. Sei veramente “chiuso in una spira mortale” direbbe Ungaretti che non era un economista neppure lui, e neanche un alto funzionario dei ministeri romani. Ma era un uomo.
Quell’uomo che ti auguro di riscoprire in te, e che ti fa vomitare di disturbo di fronte all’ipocrisia di chi, con un occhio piange di commozione sulla fame del Terzo Mondo, e con l’altro fa cenno d’intesa con i generali.
Quell’uomo che si ribella in te quando scorge che, dopo mezzo secolo, c’è ancora chi in alto loco è sensibile al fascino di antichi ritornelli imperiali, trascritti purtroppo sullo stesso pentagramma di profitto:” colonnello non voglio pane; voglio piombo pel mio moschetto!”.
Quell’uomo nascosto in te, che impallidisce di orrore quando si accorge che il desiderio segreto (se non l’istigazione palese) degli industriali della morte è quello che le armi da loro prodotte vengano usate, dal momento che il consumo, secondo le più elementari leggi di mercato conosciute anche da chi non sa nulla di Keynes o di Galbraith, è l’asse portante di ogni rapporto commerciale.
Quell’uomo che nelle profondità del tuo spirito freme di sdegno quando si accorge che la gente, più che lo smantellamento delle fabbriche maledette, chiede solo l’abolizione del segreto che copre il traffico d’armi. O quando il governo decide di non vendere strumenti di morte solo ai pazzi più esagitati del manicomio internazionale. Come se, dirottando in zone più tranquille gli strumenti di guerra, non rimanesse sempre in piedi la stessa logica distruttiva.
Quell’uomo interiore che rimane mortificato quando sa che la stessa cifra stanziata dall’Italia per armamenti, destinata invece per programmi civili, creerebbe trentamila posti di lavoro in più.
Quell’uomo pulito che dorme dentro di te, e che la sera, quando torni a casa, ti spinge ad accarezzare senza titubanze il volto dolcissimo della tua donna; e ti fa porre le mani sul capo incontaminato dei tuoi figli, senza paura che un giorno si ritorcano su di loro, come un tragico boomerang, le armi che quelle stesse mani hanno costruito.
Certo, se io fossi coraggioso come Giovanni Paolo II, dovrei ripeterti le sue parole accorate:“ Siano disertati i laboratori e le officine della morte per i laboratori della vita!”.
Ma, a parte il debito di audacia, debbo riconoscere che il Papa si rivolgeva agli scienziati. I quali, di solito almeno economicamente, hanno più di una ruota di scorta. Tu invece ne sei privo. E anche le ruote necessarie, se non sono proprio forate, hanno le gomme troppo lisce perché tu possa permetterti manovre pericolose.
Non ti esorto perciò, almeno per ora, a quella forte testimonianza profetica di pagare, con la perdita del posto di lavoro, il rifiuto di collaborare alla costruzione di strumenti di morte.
Ma ti incoraggio a batterti perché si attui al più presto, e in termini perentori, la conversione dell’industria bellica in impianti civili, produttori di beni, atti a migliorare la qualità della vita.
E’ un progetto che và portato avanti. Da te. Dai sindacati. Da tutti. Con urgenza. Con forza. Chiedendo solidarietà. Invocando consensi.
Forse l’ultima alternativa per il mondo sei proprio tu, povero operaio, che vivi all’epicentro di questo apocalittico vortice di morte.
Non scoraggiarti. Tu sei la nostra superstite speranza. Se tutti gli ottantamila compagni di lavoro si mobiliteranno, il sogno di Isaia diverrà presto realtà.
Anzi, ci pare già di vedere, quasi in una miracolosa dissolvenza cinematografica, le spade che si trasformano in vomeri tra le tue mani, e le lance che si incurvano in falci al sole della primavera. Mentre la scritta “the end” si sovrappone non a commentare immagini di catastrofi planetarie ma a concludere per sempre l’era lunghissima della nostra preistoria.
Ti abbraccio
2 febbraio 1986
+don Tonino Bello vescovo (profeta di Pace)
(…) “Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io vi dirò che io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.” (…)
don Lorenzo Milani, L’Obbedienza non è più una virtù, LEF, Firenze, 1965
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PRIMO MAGGIO 2011
Per celebrare il primo maggio riportiamo, qui di seguito, la Ninna nanna della guerra di Trilussa.
Da parte nostra ricordiamo che le guerre e le produzioni belliche sono sempre contro i lavoratori.
Per gli F-35, che verranno assemblati a Cameri, lo stato italiano vuole investire 18 miliardi di euro (o anche più di 20). Per aerei da guerra e da combattimento, che possono portare pure armamento atomico e che sono destinati a “normalizzare” i conflitti che scoppieranno inevitabilmente nei paesi più poveri del mondo, contro dittature e miseria sempre in aumento. Questi gioiellini sono già stati prenotati pure da paesi totalitari ed oppressori.
Quindi spenderemo così del denaro che verrà sottratto alle miserie nostrane: sanità, scuola, sistemazione di tutti i precari, risanamento ambientale...
Si continua a morire sui posti di lavoro, mentre si vogliono adoperare operai ed impiegati per uccidere altri sfruttati in ogni parte del mondo.
Il nostro Primo Maggio non sarà con chi sfilerà nei cortei insieme con chi produce strumenti di morte e di distruzione.
Ninna nanna della guerra (di Trilussa)
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che comanna,
che comanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza,
o a vantaggio de una fede,
per un Dio che nun vede,
ma che serve da riparo
ar sovrano macellaro;
che quer covo d'assassini
che c'insanguina la tera
sa benone che la guera
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finché dura 'sto macello,
fa la ninna, che domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima,
boni amichi come prima;
so' cuggini, e fra parenti
nun se fanno complimenti!
Torneranno più cordiali
li rapporti personali
e, riuniti infra de loro,
senza l'ombra de un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la pace e sur lavoro
pe' quer popolo cojone
risparmiato dar cannone. (Trilussa)
Da: CIRCOLO ZABRISKIE POINT NOVARA http://www.zetapoint.org/
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LA DOPPIA VITA DELLA FIOM
Se si seguono le cronache movimentistiche e sindacali, ci si imbatte per forza nella vecchia carissima FIOM. La vetusta ed onorata organizzazione dei metalmeccanici della CGIL procede nella sua vita e nelle sue azioni politico-sindacali circondata da un'aura di sacralità. È uso comune, pure tra i più radicaleggianti ed addirittura tra i rivoluzionari dopolavoristici, circondare la FIOM di un rispetto assoluto. Si tratterebbe di una vera organizzazione di massa antagonista (o quasi), della speranza del residuo di comunisti impegnati nel mondo del lavoro, dell'exemplum principale citato da intellettuali ed uomini di mondo che vogliono apparire alternativi.
La FIOM stava a Genova nel 2001. Mentre la CGIL, almeno ufficialmente, non c'era. I disperati fiommini che facevano i cordoni proteggi-corteo il 21 luglio 2001 sono, per alcuni, una piccola icona del movimentismo altermondialista nostrano. Il fatto che tali cordoni siano stati del tutto inutili (e forse dannosi) è cosa che ora non ci interessa discutere. Ci basta ribadire che la FIOM c'era; come c'era in numerose altre circostanze consimili: per esempio c'era al Social Forum Europeo di Firenze del 2002. In quest'ultima circostanza, in verità, c'era pure la CGIL confederazione, ma la FIOM ne costituiva comunque la punta di diamante. Chi non ricorda i plotoni compatti delle pettorine gialle di CGIL in fondo al corteone del “milione” in marcia verso il piazzale dello stadio? Chi non ricorda la loro splendida supplenza delle forze dell'ordine leggermente defilate nelle strade laterali (comunque pronte ad intervenire ove fossero state chiamate a divertimenti in stile genovese)? Chi non ricorda la potente ramazza in coda al corteone medesimo?
Ma comunque FIOM era là: con tutti i compagni più radicali, più rivoluzionari, più noglobal che si può.
È inutile proseguire con esempi similari: chi frequenta cortei nei quali “già la testa è arrivata all'arrivo mentre la coda è ancora alla partenza” sa bene di che cosa si sta ora scrivendo.
Meno nota è invece la propensione realistica della FIOM in veste strettamente sindacale. Quando il gioco si fa serio, la FIOM è davvero seria e sa mettere tra parentesi inutili velleità ribellistiche.
Per esempio, riguardo alle fabbriche d'armi la FIOM sa essere davvero ammodo.
Recentemente si sono viste le bandiere di FIOM garrire al venticello romano durante la manifestazione organizzata da Emergency contro la guerra in Libia (e contro tutte le guerre, ovviamente). La FIOM stava, ancora una volta, con i veri compagni pacifisti o addirittura antimilitaristi. La FIOM con il resto dei giusti, cioè con i pochi che hanno mantenuto una posizione chiara di contrasto nei confronti di tutte le guerre (senza se e senza ma, come si diceva in un recente passato ormai sepolto da tonnellate di macerie).
Eppure un inghippo c'è. Una problema c'è, anche se si fa fatica a vederlo. Anche se chi può vederlo non vuole vederlo. Anche se ci si limita semplicemente a minimizzare la cosa.
Il problema sta nel fatto che FIOM rappresenta pure migliaia di lavoratori dipendenti delle fabbriche di armi. E del loro destino, da buon sindacato, si occupa attivamente. E del loro posto di lavoro, da buon sindacato, si occupa alacremente, seppure con successo non sempre pieno.
Di conseguenza, alla FIOM sta bene (benissimo) che le fabbriche d'armi continuino a produrre armi. Anzi: che ne producano ancora di più, in modo da garantire la persistenza del posto di lavoro dei suoi affiliati. O, addirittura, in modo che i posti di lavoro in questo particolare settore metalmeccanico si accrescano ulteriormente: anche se ciò è davvero difficile, nell'attuale congiuntura economica.
Negli animi sensibili produce comunque una certa sgradevole impressione vedere le bandiere rosse di FIOM sventolare nel corso di cortei e presidi “pacifisti” e poi leggere le dichiarazioni di alcuni suoi esponenti di non secondario rilievo.
Per esempio, attorno alla metà di marzo, il segretario provinciale della FIOM torinese ebbe a dire le seguenti parole: “Si teme che l'investimento previsto su Cameri, contro cui non abbiamo nulla in contrario, non sia aggiuntivo al polo torinese, ma alternativo”.
Dunque la “pacifista” FIOM non ha nulla in contrario riguardo alla costruzione della fabbrica dei cacciabombardieri F-35 a Cameri.
Il progetto JSF, targato Lockheed e Alenia, non incontra lo sfavore e l'opposizione da parte dei fiommini. Costruire qualche centinaio di cacciabombardieri invisibili, che potrebbero pure imbarcare armamento nucleare, non smuove di molto il cuore ardito dei veri sindacalisti antagonisti. E se l'Italia ne comprerà più di un centinaio, spendendo circa 18 miliardi di euro, ciò susciterà, prima o poi, l'indignazione dell'unico vero sindacato della sinistra sociale italica? Per ora sembra proprio di no.
In realtà la CGIL si è un po' mossa, ultimamente, a tale riguardo. Nell'estate scorsa, il direttivo della Camera del lavoro novarese ha votato un documento critico e di opposizione nei confronti della produzione e dell'acquisto degli F-35. Un documento certo non radicale, ma comunque segno di una piccola svolta, dal momento che, fino ad allora, la CGIL novarese non si era mai pronunciata contro tale progetto ed anzi aveva seguito le orme degli altri sindacati di Stato, apprezzando la numerosità dei nuovi posti di lavoro che la fabbrica di morte porterebbe senza tema al territorio insubre.
Una svolta a metà, però: al documento estivo non è stato dato alcun seguito pratico. Nessun sindacalista cigiellino o fiommino si è mai presentato in veste ufficiale ai presidi o alle manifestazioni contro gli F-35. Qualcuno è pure venuto, ma sempre sotto mentite spoglie o come singolo spaiato cittadino esprimente la sua singola posizione pacifista (o, addirittura, antimilitarista). Recentemente poi, il segretario della Camera del lavoro novarese, intervistato dal settimanale della diocesi locale, ha tenuto a precisare che “per ora” la CGIL di Novara è contraria alla fabbrica per gli F-35 (in quanto non è credibile che porterà un significativo incremento di posti di lavoro sul territorio), ma che è pronta a cambiare idea di fronte a novità significative.
Ma torniamo alla FIOM torinese. È del tutto naturale che la RSU dell'Alenia sia preoccupata che la nuova impresa possa portare alla perdita di posti di lavoro nelle sedi di Caselle e di Torino. Naturale che si metta in discussione, nelle sedi appropriate di contrattazione e di consultazione, la paura della chiusura degli stabilimenti già esistenti, che verrebbero infatti annientati da un mirabile e fantastico progetto di costituzione di un polo aeronautico nell'est del Piemonte (un polo in stretto contatto col distretto aerospaziale ed armiero del varesotto limitrofo). Si può capire tutto.
Non si può però capire la frasetta del segretario provinciale torinese a proposito del progetto F-35 (o JSF, come meglio si vuol chiamare): “non abbiamo nulla in contrario”. Cioè: FIOM, in quanto sindacato, non ha nulla in contrario riguardo alla costruzione di una fabbricona per gli F-35, non ha nulla in contrario che vengano costruiti nuovi cacciabombardieri di quinta generazione, non ha nulla in contrario che si producano armi d'attacco ed utili alla conquista ed al controllo di territori ed al dominio ed all'asservimento di popolazioni ed alla rapina di risorse naturali d'ogni genere, non ha nulla in contrario che lo Stato spenda poi 18 miliardi di euro per acquistare tali gioielli tecnologici, nulla in contrario.
E però poi FIOM produce la sua immancabile Epifania in ogni manifestazione di rilievo nazionale nella quale ci sia da sostenere una posizione pacifista (o, addirittura, antimilitarista). Evidentemente l'ufficio sindacale che si occupa di relazioni industriali e di contrattazione parla poco con l'ufficio che si occupa di relazioni internazionali e dei contatti con i movimenti sociali. Si parlano poco: può essere questo il problema.
Oppure, più probabilmente, la questione è un'altra. In realtà FIOM, come la gran parte della cosiddetta sinistra “radicale”, si barcamena come può. Da un lato, in quanto organizzazione formale seria e di grandi dimensioni, adotta una politica realistica e di buon senso istituzionale: e quindi affianca e sostiene le industrie nazionali, qualunque sia l'oggetto da esse prodotto. Dall'altro lato, in forza di non si sa quale tradizione inesistente, si inserisce organicamente all'interno dei movimenti pacifisti (o, addirittura, antimilitaristi), svolgendo diversi compiti funzionali alla conquista di un'egemonia operativa all'interno dei succitati movimenti.
Sarebbe interessante vedere, un giorno, uno come Gino Strada chiedere ragione ad uno come Maurizio Landini della strana schizofrenia della FIOM: industrialista ad oltranza con gli armieri e poi pacifista con i marciatori arcobaleno.
Ma forse qui si sta esagerando in moralismo all'antica; qui si pretende una coerenza tra pensiero ed azione, e tra azione ed azione, che pochi sono usi sostenere o cercare di raggiungere. Per lo più si naviga a vista (e lo fa pure la formidabile FIOM), tentando di raggranellare consenso ed adesioni: da un lato ci si deve tener buoni gli operai di Alenia e della altre fabbriche di morte (tesserati e paganti), dall'altro lato ci sono clienti diversi e con diverse esigenze, cioè i sempre meno numerosi pacifisti borghesi dai buoni sentimenti. Una grande organizzazione può ben differenziare il prodotto che offre sul mercato: c'è una FIOM per tutti, non c'è di che preoccuparsi.
8 aprile 2011
Dom Argiropulo di Zab
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Caro operaio,
non si direbbe. Ma scrivere a te, che con altri ottantamila compagni di lavoro strappi la vita in una delle trecento fabbriche di morte disseminate in Italia, è più difficile che scrivere al Sottosegretario della Difesa.
Si, perché a protestare sulla produzione delle armi con i funzionari delle cancellerie diplomatiche, male che vada, ti tiri addosso solo un po’ di compatimento e qualche sorriso divertito sulla tua ingenuità.
Ti diranno, ammiccando, di apprezzare molto i tuoi vaporosi aneliti di pace, ma che poi bisogna sapere stare con i piedi per terra.
Ti faranno intendere con eleganza che a un vescovo si addice meglio tracciare benedizioni solenni, piuttosto che impicciarsi di fabbriche di armi e dei relativi traffici clandestini.
Al massimo, con le manovre della più scoperta sufficienza, ti esprimeranno il fastidio di dover discutere di certe cose con chi sa solo citare il profeta Amos o S. Tommaso o, all’occorrenza, qualche teologo della liberazione, ma poi non sa nulla di Keynes o di Galbraith o di tutte le diavolerie della scienza economica.
Tutto sommato però, se si sa sostenere il peso dell’ironia, ti verranno sottomano tali argomentazioni da “scacco matto”, che si possono mettere in crisi anche i ragionamenti più sofisticati.
Scrivere a te, invece, riesce quasi impossibile. Perché non regge a nessuno l’animo di dirti che, se pure incolpevolmente, tu collabori a seminare morte sulla terra.
E neanche io te lo voglio dire.
Hai già tanti problemi sulle spalle, che non mi sento di gravarti la coscienza di un ulteriore fardello.
Sei così preoccupato, come tutti i lavoratori, dagli spettri della fame, che non mi và di intossicarti anche quei quattro soldi che ti danno.
Hai così viva la percezione di essere vittima di una squallida catena di sfruttamento, che sarebbe crudeltà dirti senza mezzi termini che, oltre che oppresso, sei anche oppressore.
Mi sembrerebbe di ucciderti moralmente prima ancora che le armi confezionate dalle tue mani potessero fare strage di altri innocenti.
Povero fratello operaio. Sei veramente “chiuso in una spira mortale” direbbe Ungaretti che non era un economista neppure lui, e neanche un alto funzionario dei ministeri romani. Ma era un uomo.
Quell’uomo che ti auguro di riscoprire in te, e che ti fa vomitare di disturbo di fronte all’ipocrisia di chi, con un occhio piange di commozione sulla fame del Terzo Mondo, e con l’altro fa cenno d’intesa con i generali.
Quell’uomo che si ribella in te quando scorge che, dopo mezzo secolo, c’è ancora chi in alto loco è sensibile al fascino di antichi ritornelli imperiali, trascritti purtroppo sullo stesso pentagramma di profitto:” colonnello non voglio pane; voglio piombo pel mio moschetto!”.
Quell’uomo nascosto in te, che impallidisce di orrore quando si accorge che il desiderio segreto (se non l’istigazione palese) degli industriali della morte è quello che le armi da loro prodotte vengano usate, dal momento che il consumo, secondo le più elementari leggi di mercato conosciute anche da chi non sa nulla di Keynes o di Galbraith, è l’asse portante di ogni rapporto commerciale.
Quell’uomo che nelle profondità del tuo spirito freme di sdegno quando si accorge che la gente, più che lo smantellamento delle fabbriche maledette, chiede solo l’abolizione del segreto che copre il traffico d’armi. O quando il governo decide di non vendere strumenti di morte solo ai pazzi più esagitati del manicomio internazionale. Come se, dirottando in zone più tranquille gli strumenti di guerra, non rimanesse sempre in piedi la stessa logica distruttiva.
Quell’uomo interiore che rimane mortificato quando sa che la stessa cifra stanziata dall’Italia per armamenti, destinata invece per programmi civili, creerebbe trentamila posti di lavoro in più.
Quell’uomo pulito che dorme dentro di te, e che la sera, quando torni a casa, ti spinge ad accarezzare senza titubanze il volto dolcissimo della tua donna; e ti fa porre le mani sul capo incontaminato dei tuoi figli, senza paura che un giorno si ritorcano su di loro, come un tragico boomerang, le armi che quelle stesse mani hanno costruito.
Certo, se io fossi coraggioso come Giovanni Paolo II, dovrei ripeterti le sue parole accorate:“ Siano disertati i laboratori e le officine della morte per i laboratori della vita!”.
Ma, a parte il debito di audacia, debbo riconoscere che il Papa si rivolgeva agli scienziati. I quali, di solito almeno economicamente, hanno più di una ruota di scorta. Tu invece ne sei privo. E anche le ruote necessarie, se non sono proprio forate, hanno le gomme troppo lisce perché tu possa permetterti manovre pericolose.
Non ti esorto perciò, almeno per ora, a quella forte testimonianza profetica di pagare, con la perdita del posto di lavoro, il rifiuto di collaborare alla costruzione di strumenti di morte.
Ma ti incoraggio a batterti perché si attui al più presto, e in termini perentori, la conversione dell’industria bellica in impianti civili, produttori di beni, atti a migliorare la qualità della vita.
E’ un progetto che và portato avanti. Da te. Dai sindacati. Da tutti. Con urgenza. Con forza. Chiedendo solidarietà. Invocando consensi.
Forse l’ultima alternativa per il mondo sei proprio tu, povero operaio, che vivi all’epicentro di questo apocalittico vortice di morte.
Non scoraggiarti. Tu sei la nostra superstite speranza. Se tutti gli ottantamila compagni di lavoro si mobiliteranno, il sogno di Isaia diverrà presto realtà.
Anzi, ci pare già di vedere, quasi in una miracolosa dissolvenza cinematografica, le spade che si trasformano in vomeri tra le tue mani, e le lance che si incurvano in falci al sole della primavera. Mentre la scritta “the end” si sovrappone non a commentare immagini di catastrofi planetarie ma a concludere per sempre l’era lunghissima della nostra preistoria.
Ti abbraccio
2 febbraio 1986
+don Tonino Bello vescovo (profeta di Pace)
(…) “Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io vi dirò che io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.” (…)
don Lorenzo Milani, L’Obbedienza non è più una virtù, LEF, Firenze, 1965
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PRIMO MAGGIO 2011
Per celebrare il primo maggio riportiamo, qui di seguito, la Ninna nanna della guerra di Trilussa.
Da parte nostra ricordiamo che le guerre e le produzioni belliche sono sempre contro i lavoratori.
Per gli F-35, che verranno assemblati a Cameri, lo stato italiano vuole investire 18 miliardi di euro (o anche più di 20). Per aerei da guerra e da combattimento, che possono portare pure armamento atomico e che sono destinati a “normalizzare” i conflitti che scoppieranno inevitabilmente nei paesi più poveri del mondo, contro dittature e miseria sempre in aumento. Questi gioiellini sono già stati prenotati pure da paesi totalitari ed oppressori.
Quindi spenderemo così del denaro che verrà sottratto alle miserie nostrane: sanità, scuola, sistemazione di tutti i precari, risanamento ambientale...
Si continua a morire sui posti di lavoro, mentre si vogliono adoperare operai ed impiegati per uccidere altri sfruttati in ogni parte del mondo.
Il nostro Primo Maggio non sarà con chi sfilerà nei cortei insieme con chi produce strumenti di morte e di distruzione.
Ninna nanna della guerra (di Trilussa)
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che comanna,
che comanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza,
o a vantaggio de una fede,
per un Dio che nun vede,
ma che serve da riparo
ar sovrano macellaro;
che quer covo d'assassini
che c'insanguina la tera
sa benone che la guera
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finché dura 'sto macello,
fa la ninna, che domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima,
boni amichi come prima;
so' cuggini, e fra parenti
nun se fanno complimenti!
Torneranno più cordiali
li rapporti personali
e, riuniti infra de loro,
senza l'ombra de un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la pace e sur lavoro
pe' quer popolo cojone
risparmiato dar cannone. (Trilussa)
Da: CIRCOLO ZABRISKIE POINT NOVARA http://www.zetapoint.org/
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LA DOPPIA VITA DELLA FIOM
Se si seguono le cronache movimentistiche e sindacali, ci si imbatte per forza nella vecchia carissima FIOM. La vetusta ed onorata organizzazione dei metalmeccanici della CGIL procede nella sua vita e nelle sue azioni politico-sindacali circondata da un'aura di sacralità. È uso comune, pure tra i più radicaleggianti ed addirittura tra i rivoluzionari dopolavoristici, circondare la FIOM di un rispetto assoluto. Si tratterebbe di una vera organizzazione di massa antagonista (o quasi), della speranza del residuo di comunisti impegnati nel mondo del lavoro, dell'exemplum principale citato da intellettuali ed uomini di mondo che vogliono apparire alternativi.
La FIOM stava a Genova nel 2001. Mentre la CGIL, almeno ufficialmente, non c'era. I disperati fiommini che facevano i cordoni proteggi-corteo il 21 luglio 2001 sono, per alcuni, una piccola icona del movimentismo altermondialista nostrano. Il fatto che tali cordoni siano stati del tutto inutili (e forse dannosi) è cosa che ora non ci interessa discutere. Ci basta ribadire che la FIOM c'era; come c'era in numerose altre circostanze consimili: per esempio c'era al Social Forum Europeo di Firenze del 2002. In quest'ultima circostanza, in verità, c'era pure la CGIL confederazione, ma la FIOM ne costituiva comunque la punta di diamante. Chi non ricorda i plotoni compatti delle pettorine gialle di CGIL in fondo al corteone del “milione” in marcia verso il piazzale dello stadio? Chi non ricorda la loro splendida supplenza delle forze dell'ordine leggermente defilate nelle strade laterali (comunque pronte ad intervenire ove fossero state chiamate a divertimenti in stile genovese)? Chi non ricorda la potente ramazza in coda al corteone medesimo?
Ma comunque FIOM era là: con tutti i compagni più radicali, più rivoluzionari, più noglobal che si può.
È inutile proseguire con esempi similari: chi frequenta cortei nei quali “già la testa è arrivata all'arrivo mentre la coda è ancora alla partenza” sa bene di che cosa si sta ora scrivendo.
Meno nota è invece la propensione realistica della FIOM in veste strettamente sindacale. Quando il gioco si fa serio, la FIOM è davvero seria e sa mettere tra parentesi inutili velleità ribellistiche.
Per esempio, riguardo alle fabbriche d'armi la FIOM sa essere davvero ammodo.
Recentemente si sono viste le bandiere di FIOM garrire al venticello romano durante la manifestazione organizzata da Emergency contro la guerra in Libia (e contro tutte le guerre, ovviamente). La FIOM stava, ancora una volta, con i veri compagni pacifisti o addirittura antimilitaristi. La FIOM con il resto dei giusti, cioè con i pochi che hanno mantenuto una posizione chiara di contrasto nei confronti di tutte le guerre (senza se e senza ma, come si diceva in un recente passato ormai sepolto da tonnellate di macerie).
Eppure un inghippo c'è. Una problema c'è, anche se si fa fatica a vederlo. Anche se chi può vederlo non vuole vederlo. Anche se ci si limita semplicemente a minimizzare la cosa.
Il problema sta nel fatto che FIOM rappresenta pure migliaia di lavoratori dipendenti delle fabbriche di armi. E del loro destino, da buon sindacato, si occupa attivamente. E del loro posto di lavoro, da buon sindacato, si occupa alacremente, seppure con successo non sempre pieno.
Di conseguenza, alla FIOM sta bene (benissimo) che le fabbriche d'armi continuino a produrre armi. Anzi: che ne producano ancora di più, in modo da garantire la persistenza del posto di lavoro dei suoi affiliati. O, addirittura, in modo che i posti di lavoro in questo particolare settore metalmeccanico si accrescano ulteriormente: anche se ciò è davvero difficile, nell'attuale congiuntura economica.
Negli animi sensibili produce comunque una certa sgradevole impressione vedere le bandiere rosse di FIOM sventolare nel corso di cortei e presidi “pacifisti” e poi leggere le dichiarazioni di alcuni suoi esponenti di non secondario rilievo.
Per esempio, attorno alla metà di marzo, il segretario provinciale della FIOM torinese ebbe a dire le seguenti parole: “Si teme che l'investimento previsto su Cameri, contro cui non abbiamo nulla in contrario, non sia aggiuntivo al polo torinese, ma alternativo”.
Dunque la “pacifista” FIOM non ha nulla in contrario riguardo alla costruzione della fabbrica dei cacciabombardieri F-35 a Cameri.
Il progetto JSF, targato Lockheed e Alenia, non incontra lo sfavore e l'opposizione da parte dei fiommini. Costruire qualche centinaio di cacciabombardieri invisibili, che potrebbero pure imbarcare armamento nucleare, non smuove di molto il cuore ardito dei veri sindacalisti antagonisti. E se l'Italia ne comprerà più di un centinaio, spendendo circa 18 miliardi di euro, ciò susciterà, prima o poi, l'indignazione dell'unico vero sindacato della sinistra sociale italica? Per ora sembra proprio di no.
In realtà la CGIL si è un po' mossa, ultimamente, a tale riguardo. Nell'estate scorsa, il direttivo della Camera del lavoro novarese ha votato un documento critico e di opposizione nei confronti della produzione e dell'acquisto degli F-35. Un documento certo non radicale, ma comunque segno di una piccola svolta, dal momento che, fino ad allora, la CGIL novarese non si era mai pronunciata contro tale progetto ed anzi aveva seguito le orme degli altri sindacati di Stato, apprezzando la numerosità dei nuovi posti di lavoro che la fabbrica di morte porterebbe senza tema al territorio insubre.
Una svolta a metà, però: al documento estivo non è stato dato alcun seguito pratico. Nessun sindacalista cigiellino o fiommino si è mai presentato in veste ufficiale ai presidi o alle manifestazioni contro gli F-35. Qualcuno è pure venuto, ma sempre sotto mentite spoglie o come singolo spaiato cittadino esprimente la sua singola posizione pacifista (o, addirittura, antimilitarista). Recentemente poi, il segretario della Camera del lavoro novarese, intervistato dal settimanale della diocesi locale, ha tenuto a precisare che “per ora” la CGIL di Novara è contraria alla fabbrica per gli F-35 (in quanto non è credibile che porterà un significativo incremento di posti di lavoro sul territorio), ma che è pronta a cambiare idea di fronte a novità significative.
Ma torniamo alla FIOM torinese. È del tutto naturale che la RSU dell'Alenia sia preoccupata che la nuova impresa possa portare alla perdita di posti di lavoro nelle sedi di Caselle e di Torino. Naturale che si metta in discussione, nelle sedi appropriate di contrattazione e di consultazione, la paura della chiusura degli stabilimenti già esistenti, che verrebbero infatti annientati da un mirabile e fantastico progetto di costituzione di un polo aeronautico nell'est del Piemonte (un polo in stretto contatto col distretto aerospaziale ed armiero del varesotto limitrofo). Si può capire tutto.
Non si può però capire la frasetta del segretario provinciale torinese a proposito del progetto F-35 (o JSF, come meglio si vuol chiamare): “non abbiamo nulla in contrario”. Cioè: FIOM, in quanto sindacato, non ha nulla in contrario riguardo alla costruzione di una fabbricona per gli F-35, non ha nulla in contrario che vengano costruiti nuovi cacciabombardieri di quinta generazione, non ha nulla in contrario che si producano armi d'attacco ed utili alla conquista ed al controllo di territori ed al dominio ed all'asservimento di popolazioni ed alla rapina di risorse naturali d'ogni genere, non ha nulla in contrario che lo Stato spenda poi 18 miliardi di euro per acquistare tali gioielli tecnologici, nulla in contrario.
E però poi FIOM produce la sua immancabile Epifania in ogni manifestazione di rilievo nazionale nella quale ci sia da sostenere una posizione pacifista (o, addirittura, antimilitarista). Evidentemente l'ufficio sindacale che si occupa di relazioni industriali e di contrattazione parla poco con l'ufficio che si occupa di relazioni internazionali e dei contatti con i movimenti sociali. Si parlano poco: può essere questo il problema.
Oppure, più probabilmente, la questione è un'altra. In realtà FIOM, come la gran parte della cosiddetta sinistra “radicale”, si barcamena come può. Da un lato, in quanto organizzazione formale seria e di grandi dimensioni, adotta una politica realistica e di buon senso istituzionale: e quindi affianca e sostiene le industrie nazionali, qualunque sia l'oggetto da esse prodotto. Dall'altro lato, in forza di non si sa quale tradizione inesistente, si inserisce organicamente all'interno dei movimenti pacifisti (o, addirittura, antimilitaristi), svolgendo diversi compiti funzionali alla conquista di un'egemonia operativa all'interno dei succitati movimenti.
Sarebbe interessante vedere, un giorno, uno come Gino Strada chiedere ragione ad uno come Maurizio Landini della strana schizofrenia della FIOM: industrialista ad oltranza con gli armieri e poi pacifista con i marciatori arcobaleno.
Ma forse qui si sta esagerando in moralismo all'antica; qui si pretende una coerenza tra pensiero ed azione, e tra azione ed azione, che pochi sono usi sostenere o cercare di raggiungere. Per lo più si naviga a vista (e lo fa pure la formidabile FIOM), tentando di raggranellare consenso ed adesioni: da un lato ci si deve tener buoni gli operai di Alenia e della altre fabbriche di morte (tesserati e paganti), dall'altro lato ci sono clienti diversi e con diverse esigenze, cioè i sempre meno numerosi pacifisti borghesi dai buoni sentimenti. Una grande organizzazione può ben differenziare il prodotto che offre sul mercato: c'è una FIOM per tutti, non c'è di che preoccuparsi.
8 aprile 2011
Dom Argiropulo di Zab
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giovedì 28 aprile 2011
Raccolta generi alimentari. Grazie alla famiglia del compianto sindaco Fernando IANNELLI per l'adesione.
Ps. A breve farò pubblicare un comunicato completo dei nomi di quanti hanno aderito, per ringraziare tutte le persone che finora hanno aderito a questo progetto di solidarietà sociale
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Ps. A breve farò pubblicare un comunicato completo dei nomi di quanti hanno aderito, per ringraziare tutte le persone che finora hanno aderito a questo progetto di solidarietà sociale
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Agnese Ginocchio Testimonial per la Pace alla sesta edizione del Palio del Casale a Camposano(Na), patrocinato dalla Camera dei Deputati.
L' invito rivolto ad Agnese a partecipare come "Testimonial di Pace" é pervenuto dal prof. Nino De Stefano della Pro Loco Camposano, per contro dell' Ente ufficiale Palio del Casale e Ass. Iside. Agnese Ginocchio sarà Testimonial del Palio nel segno del' Unità d'Italia e della PACE. Di seguito si riportano le notizie inerenti l'evento in oggetto.
PALIO E NON SOLO Quanti messaggi positivi in una sola festa. Il Palio del Casale, la notissima corsa degli asini che si svolge da sei anni a Camposano, non è solo un momento di intrattenimento. Non vuole essere soltanto una giornata di incontro ed allegria (che sarebbe già tantissimo). E' una manifestazione che riunisce tanti obiettivi: coinvolgere i ragazzi distogliendoli dai divertimenti di celluloide, unire la città sotto l'insegna del Palio, unire l'Italia grazie alla partecipazione di tante altre comunità e persino valorizzare il ruolo della donna grazie all'esempio della "Giuseppina", l'eroina del Palio. Questo è venuto fuori dalla serata di presentazione della kermesse, organizzata l'altra sera presso la sala parrocchiale di Camposano.
UNA STORIA DI AMICIZIA E RICORDI A fare gli onori di casa l'Associazione Iside con il presidente Fomabaio; associazione nata nel 2006 e da allora promotrice del Palio del Casale. Una festa recuperata grazie alla tradizione orale, grazie ai ricordi degli anziani del paese e grazie alle ricerche storiche. Perché la corsa degli asini esisteva già, era uno spassoso gioco di quartiere che divertiva un gruppo di amici, i fondatori di Iside. Le loro goliardate incuriosirono alcuni anziani, che ricordarono di avere già assistito a corse simili. Il flash back collettivo portò a delle puntuali ricerche sul Casale di Camposano 8prima sottoposta a Nola, poi affrancatasi nel 1767) dalle quali emerse che la prima corsa di asini si svolse nel 1768.
LA "GIUSEPPINA" TRA FAVOLA E REALTA' La storia, tra leggenda e realtà, è suggestiva. Un gruppo di ragazzi camposanesi nota Giuseppina, la ragazza più bella del paese. Per decidere chi potrà presentarsi per primo all'avvenente giovane si sfidano in groppa ad alcuni asini. In palio c'è l'amore di Giuseppina. Questo racconto si rievoca ogni anno da sei anni, e quest'anno sarà rievocato il 21 e 22 maggio nel corso della sesta edizione che avrà l'importante patrocinio della Camera dei Deputati e come testimonial Agnese Ginocchio. Il personaggio di Giuseppina è impersonato nel 2011 da Marianna Sirignano.
IL PALIO DELL’UNITA’ Anche quest’anno arriveranno a Camposano da tutta Italia i partecipanti di altre corse sugli asini. Ci saranno Alba (Piemonte),Songavazzo (Lombardia), Portomaggiore (Emilia Romagna), Roccastrada (Toscana), Mercatella sul Metauro (Marche), Gualdo Tadino (Umbria), Carpino (Puglia), Navelli (Abruzzo), Allumiere (Lazio) Genuri (Sardegn)a Guardavalle (Calabria). Queste località gareggeranno a Camposano per vincere il Campionato nazionale. A chi vincerà andrà il Palio disegnato dall’artista Gennaro Esposito, che quest’anno rappresenta i fautori dell’Unità d’Italia e l’incontro a Teano.
LE NOVITA’ Tre le cose nuove per questa edizione. In primis il corteo storico di tutte le città partecipanti. Per Camposano la sfilata avverrà con costumi cuciti a mano, in testa la Giuseppina. La seconda novità il gruppo dei tamburini, ragazzi camposanesi che col suono dei loro tamburi daranno il ritmo alla competizione. Si stanno esercitando e giovedì sera hanno dato un bel saggio della loro bravura. Terza novità la collaborazione tra l’associazione Iside ed altre associazioni nazionali. Questa sinergia porterà a Camposano la frittata guinness realizzata a Canino (Viterbo), che verrà cucinata in piazza e distribuita ai visitatori.
IL PATROCINIO Quest’anno, come detto, il Palio gode del patrocinio della Camera dei deputati. Il deputato Idv Franco Barbato, camposanese doc, ha presenziato alla serata di giovedì ed ha spiegato: “Ho voluto fortemente il patrocinio, ne ho parlato col presidente Fini e gli ho spiegato quali sono i valori di questa festa. Valori che di questi tempi scarseggiano, per esempio quelli del rispetto della donna. Qui il gentil sesso viene rappresentato da Giuseppina, ragazza che viene conquistata con lealtà. Il contrario di quello che leggiamo ogni giorno, il contrario della mercificazione in atto in questi anni. Ora siamo negli annali del Parlamento della Repubblica italiana, ma soprattutto abbiamo il vanto di riproporre un momento di socialità genuina con un’ottima pubblicità a livello nazionale. Anche il palio può essere una occasione per fare la nostra parte affinché le cose cambino”.
IL PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE PUO’ ESSERE CONSULTATO SUL SITO http://www.paliodelcasale.it/
di Bianca Bianco 15/04/2011 11:39:01 Anno IV Numero 104 (Fonte: Il Nolano)
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PALIO E NON SOLO Quanti messaggi positivi in una sola festa. Il Palio del Casale, la notissima corsa degli asini che si svolge da sei anni a Camposano, non è solo un momento di intrattenimento. Non vuole essere soltanto una giornata di incontro ed allegria (che sarebbe già tantissimo). E' una manifestazione che riunisce tanti obiettivi: coinvolgere i ragazzi distogliendoli dai divertimenti di celluloide, unire la città sotto l'insegna del Palio, unire l'Italia grazie alla partecipazione di tante altre comunità e persino valorizzare il ruolo della donna grazie all'esempio della "Giuseppina", l'eroina del Palio. Questo è venuto fuori dalla serata di presentazione della kermesse, organizzata l'altra sera presso la sala parrocchiale di Camposano.
UNA STORIA DI AMICIZIA E RICORDI A fare gli onori di casa l'Associazione Iside con il presidente Fomabaio; associazione nata nel 2006 e da allora promotrice del Palio del Casale. Una festa recuperata grazie alla tradizione orale, grazie ai ricordi degli anziani del paese e grazie alle ricerche storiche. Perché la corsa degli asini esisteva già, era uno spassoso gioco di quartiere che divertiva un gruppo di amici, i fondatori di Iside. Le loro goliardate incuriosirono alcuni anziani, che ricordarono di avere già assistito a corse simili. Il flash back collettivo portò a delle puntuali ricerche sul Casale di Camposano 8prima sottoposta a Nola, poi affrancatasi nel 1767) dalle quali emerse che la prima corsa di asini si svolse nel 1768.
LA "GIUSEPPINA" TRA FAVOLA E REALTA' La storia, tra leggenda e realtà, è suggestiva. Un gruppo di ragazzi camposanesi nota Giuseppina, la ragazza più bella del paese. Per decidere chi potrà presentarsi per primo all'avvenente giovane si sfidano in groppa ad alcuni asini. In palio c'è l'amore di Giuseppina. Questo racconto si rievoca ogni anno da sei anni, e quest'anno sarà rievocato il 21 e 22 maggio nel corso della sesta edizione che avrà l'importante patrocinio della Camera dei Deputati e come testimonial Agnese Ginocchio. Il personaggio di Giuseppina è impersonato nel 2011 da Marianna Sirignano.
IL PALIO DELL’UNITA’ Anche quest’anno arriveranno a Camposano da tutta Italia i partecipanti di altre corse sugli asini. Ci saranno Alba (Piemonte),Songavazzo (Lombardia), Portomaggiore (Emilia Romagna), Roccastrada (Toscana), Mercatella sul Metauro (Marche), Gualdo Tadino (Umbria), Carpino (Puglia), Navelli (Abruzzo), Allumiere (Lazio) Genuri (Sardegn)a Guardavalle (Calabria). Queste località gareggeranno a Camposano per vincere il Campionato nazionale. A chi vincerà andrà il Palio disegnato dall’artista Gennaro Esposito, che quest’anno rappresenta i fautori dell’Unità d’Italia e l’incontro a Teano.
LE NOVITA’ Tre le cose nuove per questa edizione. In primis il corteo storico di tutte le città partecipanti. Per Camposano la sfilata avverrà con costumi cuciti a mano, in testa la Giuseppina. La seconda novità il gruppo dei tamburini, ragazzi camposanesi che col suono dei loro tamburi daranno il ritmo alla competizione. Si stanno esercitando e giovedì sera hanno dato un bel saggio della loro bravura. Terza novità la collaborazione tra l’associazione Iside ed altre associazioni nazionali. Questa sinergia porterà a Camposano la frittata guinness realizzata a Canino (Viterbo), che verrà cucinata in piazza e distribuita ai visitatori.
IL PATROCINIO Quest’anno, come detto, il Palio gode del patrocinio della Camera dei deputati. Il deputato Idv Franco Barbato, camposanese doc, ha presenziato alla serata di giovedì ed ha spiegato: “Ho voluto fortemente il patrocinio, ne ho parlato col presidente Fini e gli ho spiegato quali sono i valori di questa festa. Valori che di questi tempi scarseggiano, per esempio quelli del rispetto della donna. Qui il gentil sesso viene rappresentato da Giuseppina, ragazza che viene conquistata con lealtà. Il contrario di quello che leggiamo ogni giorno, il contrario della mercificazione in atto in questi anni. Ora siamo negli annali del Parlamento della Repubblica italiana, ma soprattutto abbiamo il vanto di riproporre un momento di socialità genuina con un’ottima pubblicità a livello nazionale. Anche il palio può essere una occasione per fare la nostra parte affinché le cose cambino”.
IL PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE PUO’ ESSERE CONSULTATO SUL SITO http://www.paliodelcasale.it/
di Bianca Bianco 15/04/2011 11:39:01 Anno IV Numero 104 (Fonte: Il Nolano)
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martedì 26 aprile 2011
Guerra Libia, Ultime notizie: Emergency va via dal paese e denuncia strage di civili. La guerra di Libia. Paura per spettro nuovo Vietnam
Emergency va via dalla Libia. E denuncia la strage di civili che sta avvenendo nel paese, dove la guerra civile tra gli insorti e le forze di Muammar Gheddafi, con l’intervento aereo di molti paesi della Nato, sta mietendo moltissime vittime soprattutto tra la popolazione. Mentre in queste ore il nostro Parlamento sta discutendo l’intervento militare nel paese (finora, infatti, il nostro era stato solamente un appoggio, mai un colpo era stato sparato dai nostri aerei), ecco che Emergency denuncia la situazione nel paese, affermando che le bombe non stanno affatto proteggendo la popolazione. I malati e i medici che li curano sono un obiettivo sensibile. Per questo il gruppo di Gino Strada si è ritirato a Malta.(Fonte: Hai sentito)
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La guerra di Libia, un altro Vietnam
di Maurizio d'Orlando
L’escalation militare sembra andare oltre le premesse e il mandato dell’Onu. Inascoltato il papa e il vescovo di Tripoli, che chiedono spazio per la diplomazia e no alle armi. La guerra fra i ribelli libici e l’Italia (agli inizi del ‘900) è durata circa 20 anni. Con l’intervento militare si conclude la fase iniziata con la pace di Vestfalia: è la fine della democrazia occidentale.
Milano (AsiaNews) - Lo spettro di un nuovo Vietnam si affaccia nel Mediterraneo. Quello che fino a un mese fa veniva chiamato “intervento umanitario” per salvare i libici dalle violenze di Gheddafi è ormai divenuta una guerra. Nonostante gli appelli di Benedetto XVI (anche il giorno di Pasqua) a favorire la diplomazia sulle armi, l’Italia ha ormai deciso un’escalation, offrendosi di bombardare “obbiettivi in Libia”. Giorni fa gli Stati Uniti hanno dato l’ok all’uso di aerei droni per colpire obbiettivi militari (gli stessi droni che in Pakistan fanno vittime fra i civili).
Il punto di svolta è avvenuto il 20 aprile scorso. In un incontro a Roma tra i ministri della Difesa di Gran Bretagna ed Italia è stata ufficializzata la decisione di inviare in Libia, a sostegno dei ribelli, dieci istruttori militari da parte di ciascuno dei due Paesi. Questi istruttori militari si aggiungono a quelli francesi già presenti in maniera ufficiale, dopo che già agli inizi di marzo la Francia ha riconosciuto il Consiglio Nazionale Libico di Bengasi, il Comitato degli insorti, come unico organo di governo in rappresentanza della Libia. Gli istruttori italiani ed inglesi andranno così ad aggiungersi alle unità di truppe delle forze speciali inglesi e francesi già da mesi in territorio libico in maniera non ufficiale.
La decisione è stata presa dopo che il giorno precedente, il 19 aprile, il ministro italiano della difesa, Ignazio La Russa, era stato convocato a Washington a colloquio con il ministro della Difesa americano Robert Gates. Con tale decisione la guerra in Libia è ad un punto di svolta, in preparazione dell’operazione Eufor Libya, spiegata ufficialmente dal ministro finlandese degli esteri Alexander Stubb. Si tratta dell’invio in Libia di forze militari terrestri, ufficialmente per formare un corridoio umanitario per l’evacuazione della popolazione civile di Misurata. Secondo Stubb la decisione europea dipende solo da una richiesta dell’Onu o della Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite di Coordinamento degli Affari Umanitari.
Quello in Libia viene in effetti ancora presentato come un intervento umanitario. Cosa ci sia di umanitario nell’operazione programmata in Libia non è davvero chiaro. Infatti, finora non ci sono stati riscontri alla campagna propagandistica preventiva lanciata da vari organi di stampa e da alcuni emittenti televisive. Si diceva, ad esempio, che già nelle prime settimane tra i civili vi sarebbe stato un totale di 10 mila morti. Al Jazeera (l’emittente televisiva di matrice islamica con sede nel Qatar) aveva asserito che l’aviazione libica avrebbe bombardato dei civili che manifestavano contro il governo. Questa notizia, successivamente, si era rivelata falsa, ma aveva fornito il pretesto per far passare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la risoluzione 1973. La delibera era passata senza che Cina e Russia ponessero il veto – come era loro diritto. In base ad essa le Nazioni Unite autorizzavano i Paesi membri ad istituire il blocco dello spazio aereo libico. In tal modo si voleva impedire che gli aerei dei reparti dell’aviazione libica fedeli al governo di Tripoli si potessero levare in volo per sedare la rivolta.
Anche la rete televisiva statale inglese, la Bbc, un tempo considerata autorevole per la propria indipendenza nel riferire le notizie, si è dovuta piegare alle esigenze della propaganda di guerra. Per giustificare un intervento con truppe di terra ha affermato che le truppe fedeli a Gheddafi avrebbero utilizzato bombe a grappolo contro i civili a Misurata, un’azione atroce contro la propria stessa popolazione. Essa non è proprio un “crimine di guerra” perché non attuata contro territorio nemico, ma sarebbe stato sufficiente a dare un connotato “umanitario” all’intervento militare.
Il governo di Tripoli ha, però, smentito ed ha avuto gioco facile. Noi, ha detto un suo portavoce, non solo non siamo dei criminali che utilizzano bombe a grappolo contro i civili, ma non siamo nemmeno imbecilli. Le bombe a grappolo lasciano, infatti, tracce evidenti per giorni e mesi, che la Bbc non ha mostrato, e fornire una così grande arma propagandista a chi ci bombarda sarebbe stato da veri idioti. Infine, anche la situazione a Misurata sembra differente da quella che viene descritta da molti organi d’informazione. Negli ospedali della città il numero delle donne ricoverate con ferite dovute agli scontri è solo il 3% e questo fa ritenere che i ricoverati siano per lo più combattenti armati e non civili estranei ai combattimenti.
Quanto all’Onu, il suo voltafaccia rasenta l’ipocrisia. Fino a pochi mesi prima del conflitto, le Nazioni Unite consideravano la Libia di Gheddafi uno dei migliori Paesi dell’Africa dal punto di vista di qualità della vita, distribuzione della ricchezza, istruzione, salute, servizi medici alla popolazione. Che cosa davvero giustifica dunque l’intervento militare a fini umanitari? Probabilmente non lo sapremo mai, come mai abbiamo saputo dove sono andate a finire le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Eppure proprio questa era stata la motivazione ufficiale addotta per giustificare l’invasione dell’Iraq.
Qui non si afferma che Gheddafi sia esente da macchie e colpe o anche solo da possibili critiche, è ovvio. Altrettanto evidente, però, è che in Libia non c’è stata una pacifica protesta popolare, ma una rivolta armata o un progetto di secessione che qualsiasi Stato non può permettere che si verifichi, se vuole preservare la propria indipendenza e sovranità nazionale. Reprimere una sedizione militare o una secessione comporta l’uso della forza. Gheddafi non è certo Abramo Lincoln, ma anche gli Usa nella loro storia hanno combattuto una guerra civile e non certo per abolire lo schiavismo – visto che alcuni Stati del Nord rimanevano schiavisti – ma perché gli Stati Confederati del Sud – ed alcuni di essi non erano schiavisti – avevano proclamato la secessione.
Nel caso di Gheddafi erano appena iniziati gli scontri, i fatti non erano ancora ben noti e già contro di lui era stato spiccato mandato di cattura internazionale per “crimini contro l’umanità”. Gheddafi deve andarsene, questo afferma la Nato, questo è l’obbiettivo della guerra, ma non si sa bene nemmeno dove. Probabilmente, nelle speranze di chi l’ha messa in atto e di chi l’ha fomentata, l’insurrezione si sarebbe dovuta concludere in breve tempo con la fuga o la cattura di Gheddafi. Così non è stato e quella che avrebbe dovuto essere una breve vittoriosa rivolta, un colpo di mano, si è trasformata in una guerra civile, fomentata, finanziata ed armata dall’esterno.
Questo intervento “umanitario” in Libia, è perciò in realtà una guerra ed a prima vista sembrerebbe una guerra di tipo neo-coloniale. Bloomberg[1] riporta, infatti, che la prima cosa che hanno fatto i ribelli è stata di costituire una Banca Centrale a Bengasi ed una Compagnia Petrolifera Nazionale sempre a Bengasi.
Chi affronta una guerra deve porsi il quesito sul costo e sulla possibile durata del conflitto. Come le insurrezioni “spontanee” in Egitto ed in Tunisia, anche il bombardamento aereo franco-inglese sulla Libia era stato programmato da tempo, addirittura dal 2 novembre dello scorso anno, data in cui: “la Francia e la Gran Bretagna hanno firmato degli accordi di cooperazione senza precedenti in materia di difesa e di sicurezza”. Così è, infatti, scritto letteralmente nella presentazione del sito congiunto dell’aeronautica militare francese e britannica[2]. In esso viene descritta un’esercitazione, la “Southern Mistral 2011”, in cui, dietro il nome in codice di Southland, una dittatura che attacca gli interessi nazionali francesi, è facile intuire il chiaro riferimento alla Libia. Probabilmente ci si era resi conto che, a differenza di Ben Alì e di Hosni Mubarak, Gheddafi aveva un suo progetto politico in cui credeva e non avrebbe tolto subito il disturbo. Per convincerlo si pensava perciò che sarebbero bastate un po’ di bombe. Purtroppo gli arsenali europei sembra abbiano esaurito le riserve di bombe e Gheddafi non se n’è ancora andato.
Fin dall’inizio del conflitto, mons. Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli, ha auspicato trattative politiche, ma né la Nato, né il Consiglio Nazionale Libico di Bengasi pare vogliano sentirne parlare. Sembra essere tornati all’epoca della Grande Guerra, lontano frutto anch’essa di un accordo franco-britannico (la “Entente cordiale” siglata nel 1904). Anche nel 1914 i franco-britannici pensavano che si sarebbe trattato di una breve guerra, e dopo pochi mesi le munizioni dovettero essere importate dagli Usa. Anche nel 1917 le forze dell’Intesa, che oltre alle munizioni avevano a quel punto esaurito ogni altra risorsa e la possibilità di ottenere ulteriori finanziamenti, rifiutarono le trattative di pace proposte da Carlo I d’Austria – poi dichiarato Beato dal papa Giovanni Paolo II. Anche in quella occasione non si diede ascolto alla voce della Chiesa, gli appelli dell’allora papa Benedetto XV a porre fine alla "inutile strage". Arrivarono in soccorso un milione di soldati americani sul suolo europeo e l’Intesa ebbe la sua vittoria senza compromessi. Ne nacque, però, anche la Rivoluzione Bolscevica e la Russia per 73 anni è stata afflitta dalla dittatura sovietica che ha fatto da 60 a 80 milioni di vittime sul suolo russo e molte di più nel mondo intero ed in Cina in particolare. Oggi, non sembra che gli Usa vogliano per il momento impegnare truppe di terra, come nel 1917. L’intervento perciò dovrà essere gestito dagli europei. L’esperienza coloniale italiana mostra però che difficilmente si potrà trattare di un impegno di breve durata: dal 1911 la guerriglia libica contro l’occupazione italiana durò circa vent’anni. La Libia sembra perciò avviarsi a diventare un nuovo teatro di guerriglia come lo fu il Vietnam per gli americani. L’invio di istruttori fa perciò riaffiorare ricordi sinistri, sembra preannunciare un nuovo “Vietnam” , il Vietnam europeo. Anche in Vietnam tutto ebbe inizio con basso profilo, ma poi vi fu un crescendo. Nel 1961 il presidente Kennedy iniziò ad inviare 900 istruttori militari. Alla fine del 1962 il loro numero era salito a 11mila. Nel 1969 le truppe americane arrivarono a toccare il picco con 543mila unità dislocate nel Paese.
Preoccupa anche la prospettiva che al posto di dirigenti nazionalisti arabi di stampo nasseriano (Hosni Mubarak, Gheddafi e Ben Alì) si installino nel Mediterraneo ed in tutti i paesi arabi capi islamici ed estremisti – salafiti e quaedisti. In tal caso potrebbe davvero prefigurarsi uno scontro tra fronte laicista ed uno islamista.
Quello che preoccupa inoltre è che l’impegno militare in Libia non è solo una guerra neocoloniale, ma potrebbe essere un passaggio davvero epocale, la fine di un’epoca iniziata con il Trattato di Vestfalia del 1648. In questo senso, le risoluzioni 1970 e 1973 dell’Onu sanciscono di fatto la fine del principio della sovranità nazionale e della non ingerenza negli affari interni (il noto principio del “Cuius regio, eius religio”) di un paese internazionalmente riconosciuto come sovrano ed indipendente. Si apre così la strada all’avvio di un direttorio mondiale, un governo planetario, cui si affiancherebbe una banca centrale mondiale. Se così fosse, la guerra di Libia segnerebbe la fine della democrazia occidentale e del sistema che si è andato sviluppando negli ultimi tre - quattro secoli. (Fonte: Asianews)
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-Guerra Libia, Dura Condanna per ecisione insensata e scellerata del governo.
26 Aprile 2011
Quanto detto e fatto oggi da quegli assoluti infami e traditori della patria e della Costituzione, nonché di tutte le leggi internazionali…che rispondono ai nomi di Silvio Berlusconi e Giorgio Napoletano è degno delle miserie del più basso impero ……
In un paese normale dove avessero valore le leggi questi due cialtroni sarebbero immediatamente catturati, processati per direttissima e fucilati alla schiena. Costoro hanno stravolto ogni possibile legalità del pensiero, delle dichiarazioni e dell’azione…
Di fatto hanno :
a) condotto l’Italia in guerra ….
b) senza nessuna dichiarazione di guerra….
c) Senza aver riunito le camere e aver sottoposto il quesito al parlamento…..
d) senza che il presidente Napoletano lo controfirmasse..
e) Senza che ve ne fosse la necessità….
f) senza il consenso della popolazione che è tutta palesemente contraria…..
g) esponendo la popolazione a rischio di eventuali ritorsioni.
E tutto questo dopo che Berlusconi poco più di una settimana fa aveva dichiarato che mai avrebbe intrapreso una diretta iniziativa di guerra contro la Libia…
Che dire…. Più evidente di così che :
1) questa non è una repubblica ……
2) meno che mai democratica;
3) la legge non vi alberga più, se mai ci sia mai stata;
4) questa è viceversa una “repubblica delle banane" dove chi comanda sta a Washington e la sua "DEPENDENCE" sta a Parigi;
5) il parlamento non conta un cazzo e le decisioni (pure a livello locale) le prendono in tre o quattro;
6) La costituzione è solo un’accogliazza di parole in ordine sparso che quando occorre le si ordina secondo il proprio tornaconto e viceversa quando non serve non conta nulla;
7) Siamo comandati da una banda di canaglie, corrotte, dissolute, putrefatte, che stravolgono ogni conquista sociale, politica, morale civile…..ad esclusivo ed inclusivo uso e consumo loro e dei loro padroni.
Se mai avessi avuto dei dubbi e da oltre un quarto di secolo non li ho…. Ora proprio me li hanno tolti di forza e quindi ….. almeno per quanto riguarda costoro, ho solo certezze indefettibili e conseguentemente ….
A) IO NON RICONOSCO PIU’ L’AUTORITA’ DI COSTORO……
B) DELLE ISTITUZIONI …
C) E DEI FUNZIONARI CHE TOLLERANO QUESTO COLPO DI STATO PALESE E MANIFESTO E NESSUNO DI COLORO DEPUTATI A CIO’ E’ INTERVENUTO A SANARE QUESTO VULNUS COSTITUZIONALE, GIURIDICO, POLITICO.
(Di " Orazio Fergnani " dal Gruppo FB: Alba Mediterranea)
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- Leggi art. correlato: Berlusconi: «Sì ai bombardamenti in Libia» L'ira della Lega. Il governo si spacca
L'Italia dichiara guerra alla Libia nel giorno della festa della Liberazione. Palazzo Chigi: «Sì ad azioni aeree mirate. Il Parlamento sarà informato», la decisione di Berlusconi dopo un colloquio con Obama. La Lega subito insorge, rischio di crisi sulla Libia. Calderoli: «Bombardamenti? non avranno il mio voto». Italo Bocchino, vicepresidente di Fli: «Le parole di Calderoli aprono la crisi di governo». Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa: «Napolitano avvertito preventivamente della decisione di cambiare la natura della missione italiana in Libia. I missili italiani - ha sottolineato il ministro - colpiranno solo obiettivi specifici». Enrico Gasbarra, deputato Pd: «Governo viola l'articolo 11 della Costituzione». Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato: «Il nostro riferimento continua ad essere la risoluzione 1973 dell'Onu. Il governo spieghi in Parlamento questa svolta». Il Gen. Tricarico, ex capo Stato maggiore dell'Areonautica: «Decisione Italia incommentabile»
LA NOTA DI PALAZZO CHIGI
«Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha avuto poco fa una lunga conversazione telefonica con il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sugli sviluppi della crisi libica», si legge nella nota di Palazzo Chigi. «Nel corso del colloquio - prosegue il comunicato - il Presidente Berlusconi ha informato il Presidente Obama che l'Italia ha deciso di rispondere positivamente all'appello lanciato agli Alleati dal Segretario Generale della Nato in occasione della Riunione del Consiglio Atlantico del 14 aprile scorso a Berlino, e dopo i contatti avuti successivamente dal Presidente del Consiglio e dai Ministri degli Esteri e della Difesa, per aumentare l'efficacia della missione intrapresa in Libia in attuazione delle Risoluzioni ONU 1970 e 1973».
«A tal fine l'Italia (che sin dall'inizio sta fornendo un cruciale contributo all'operazione Unified Protector in termini sia di assetti aerei e navali assegnati alla missione sia di disponibilità delle proprie basi aeree per lo schieramento di aerei alleati) - si precisa nella nota di Palazzo Chigi - ha deciso di aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell'intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica. Con ciò, nel partecipare su un piano di parità alle operazioni alleate, l'Italia si mantiene sempre nei limiti previsti dal mandato dell'operazione e dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». «Le azioni descritte si pongono in assoluta coerenza con quanto autorizzato dal Parlamento, sulla base di quanto già stabilito in ambito Onu e Nato, al fine di assicurare la cessazione di ogni attacco contro le popolazioni civili e le aree abitate da parte del regime di Gheddafi. Sugli sviluppi e sugli aggiornamenti il Governo informerà il Parlamento e i Ministri degli Esteri e della Difesa sono pronti a riferire davanti alle Commissioni congiunte Esteri-Difesa». «Il Presidente Berlusconi telefonerà tra poco al Primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, e al Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, per informarli di tali sviluppi, e ne parlerà domani - conclude il comunicato - con il Presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy, in occasione del Vertice Intergovernativo previsto a Roma».
CALDEROLI: «NON AVRANNO IL MIO VOTO»
«Non so cosa significhi ulteriore flessibilità, ma se questo volesse dire bombardare non se ne parla. Il mio voto in questo senso non l'avranno mai». Lo afferma Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione legislativa e responsabile delle segreterie nazionali della Lega Nord. «Ero e resto contrario a qualunque ulteriore intervento in Libia rispetto a quello che già abbiamo reso disponibile e fatto», aggiunge il ministro. «Abbiamo già fatto abbastanza mettendo a disposizione le basi e l'appoggio logistico e il pattugliamento anti-radar - prosegue Calderoli -. Personalmente non avrei dato neanche questa disponibilità se non in cambio di un concreto concorso delle forze alleate al respingimento dell'immigrazione clandestina e alla condivisione del peso dei profughi».
ITALO BOCCHINO: DI FATTO SI APRE CRISI DI GOVERNO
«La dichiarazione di Calderoli sull'intervento italiano in Libia apre di fatto la crisi di governo. Berlusconi ha garantito a Obama ciò che mai avrebbe voluto fare per non turbare la dittatura di Gheddafi, ma non ha fatto i conti con la cultura antinazionale della Lega che è pronta a far sfigurare l'Italia a livello internazionale pur di prendere quattro voti in più alle amministrative». Lo dichiara Italo Bocchino, vicepresidente di Futuro e Libertà, che aggiunge: «A questo punto è opportuno un immediato dibattito parlamentare sull'intervento in Libia che faccia emergere le posizioni reali delle forze politiche e la solidità del governo in politica estera, senza la quale è evidente che sarebbe preferibile il ricorso alle urne».
LA RUSSA: NAPOLITANO AVVERTITO PREVENTIVAMENTE
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è stato avvertito preventivamente dal governo della decisione di cambiare la natura della missione italiana in Libia, prevedendo azioni aeree mirate. Lo ha riferito il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.
FRATTINI: E' LA RISPOSTA A RICHIESTA INSORTI BENGASI
La partecipazione dell'Italia ai bombardamenti in Libia è la «naturale prosecuzione di una missione che non cambia» e comunque è la risposta del governo ad una precisa richiesta arrivata dai ribelli di Bengasi. «È arrivato a Roma il capo del Consiglio Nazionale Transitorio (Mustafa Abdul Jalil; ndr) e ci ha detto 'noi chiediamo all'Italia un impegno più grande: è evidente che sentito dire dai libici, questo ha un effetto importante», ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, dopo l'annuncio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
GASBARRA, PD: «GOVERNO VIOLA L'ART.11 DELLA CARTA»
«La decisione del governo italiano di partecipare alla missione libica con azioni belliche dirette è grave e in palese contrasto con l'articolo 11 della Costituzione». Lo scrive in un comunicato il deputato del Pd, Enrico Gasbarra. «Una modifica così rilevante della missione deve essere decisa dal Parlamento che va convocato per votare l'autorizzazione - conclude Gasbarra - a bombardare e non può certo bastare una semplice informativa».
FINOCCHIARO, PD: «OK SE ENTRO RISOLUZIONE ONU»
«Il nostro riferimento continua ad essere la risoluzione 1973 dell'Onu. Se verranno confermati i confini di quella risoluzione il Pd non farà mancare il suo assenso». Lo dice la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro per la quale «è necessario che il Governo venga al più presto in Parlamento a spiegare i motivi di questa svolta nell'atteggiamento italiano riguardo la crisi libica». «Con estrema disinvoltura, e senza un coinvolgimento che sarebbe stato doveroso dell'opposizione - lamenta Anna Finocchiaro - il Governo cambia improvvisamente idea e decide di intervenire piu direttamente». «Quello che troviamo gravi - aggiunge Finocchiaro - sono le divisioni irresponsabili che continuano a manifestarsi dentro il governo con la Lega che continua a prendere le distanze dalle decisioni di Berlusconi. Questo è un fatto per noi inaccettabile che testimonia della crisi continua e irreversibile di questo esecutivo».
GEN. TRICARICO: «ALTI RISCHI DANNI COLLATERALI»
Bombardamenti o azioni mirate? «In ogni caso c'è un rischio altissimo di danni collaterali». L'ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica e membro della Fondazione Icsa, generale Leonardo Tricarico ha un'opinione ben diversa da quella del ministro La Russa, secondo il quale le missioni su «obiettivi specifici» ridurranno i rischi per la popolazione civile. «Mi pare chiaro che non si vogliono utilizzare i termini per quello che sono - afferma Tricarico -. Le azioni mirate, dunque i bombardamenti, sono molto pericolosi, anche perchè di obiettivi militari dopo oltre un mese di azioni alleate ne dovrebbero essere rimasti ben pochi». Dunque da oggi «c'è un salto di qualità non da poco». Il ministro La Russa, sottolinea l'ex capo di Stato Maggiore, «finora ha negato, ma gli unici bombardamenti effettuabili erano quelli dei Tornado contro le postazioni di difesa aerea di Gheddafi». Da oggi invece si utilizzeranno altri mezzi, «a cominciare dai Tornado cacciabombardieri, dagli Amx e dagli Av8» armati con «bombe a guida di precisione e cannoni». Assetti che potrebbero provocare «danni collaterali». Molto meglio, secondo Tricarico, sarebbe stato meglio utilizzare i Predator, «mezzi più efficaci che però il ministro La Russa si ostina a tenere disarmati in Afghanistan» e gli elicotteri Mangusta. Secondo Tricarico, inoltre, i velivoli italiani saranno pronti ad entrare in azione «nella migliore delle ipotesi entro 72 ore a partire da ora». In ogni caso, la decisione italiana di cambiare strategia è, secondo Tricarico, «incommentabile». (Fonte: L'UNITA')
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La guerra di Libia, un altro Vietnam
di Maurizio d'Orlando
L’escalation militare sembra andare oltre le premesse e il mandato dell’Onu. Inascoltato il papa e il vescovo di Tripoli, che chiedono spazio per la diplomazia e no alle armi. La guerra fra i ribelli libici e l’Italia (agli inizi del ‘900) è durata circa 20 anni. Con l’intervento militare si conclude la fase iniziata con la pace di Vestfalia: è la fine della democrazia occidentale.
Milano (AsiaNews) - Lo spettro di un nuovo Vietnam si affaccia nel Mediterraneo. Quello che fino a un mese fa veniva chiamato “intervento umanitario” per salvare i libici dalle violenze di Gheddafi è ormai divenuta una guerra. Nonostante gli appelli di Benedetto XVI (anche il giorno di Pasqua) a favorire la diplomazia sulle armi, l’Italia ha ormai deciso un’escalation, offrendosi di bombardare “obbiettivi in Libia”. Giorni fa gli Stati Uniti hanno dato l’ok all’uso di aerei droni per colpire obbiettivi militari (gli stessi droni che in Pakistan fanno vittime fra i civili).
Il punto di svolta è avvenuto il 20 aprile scorso. In un incontro a Roma tra i ministri della Difesa di Gran Bretagna ed Italia è stata ufficializzata la decisione di inviare in Libia, a sostegno dei ribelli, dieci istruttori militari da parte di ciascuno dei due Paesi. Questi istruttori militari si aggiungono a quelli francesi già presenti in maniera ufficiale, dopo che già agli inizi di marzo la Francia ha riconosciuto il Consiglio Nazionale Libico di Bengasi, il Comitato degli insorti, come unico organo di governo in rappresentanza della Libia. Gli istruttori italiani ed inglesi andranno così ad aggiungersi alle unità di truppe delle forze speciali inglesi e francesi già da mesi in territorio libico in maniera non ufficiale.
La decisione è stata presa dopo che il giorno precedente, il 19 aprile, il ministro italiano della difesa, Ignazio La Russa, era stato convocato a Washington a colloquio con il ministro della Difesa americano Robert Gates. Con tale decisione la guerra in Libia è ad un punto di svolta, in preparazione dell’operazione Eufor Libya, spiegata ufficialmente dal ministro finlandese degli esteri Alexander Stubb. Si tratta dell’invio in Libia di forze militari terrestri, ufficialmente per formare un corridoio umanitario per l’evacuazione della popolazione civile di Misurata. Secondo Stubb la decisione europea dipende solo da una richiesta dell’Onu o della Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite di Coordinamento degli Affari Umanitari.
Quello in Libia viene in effetti ancora presentato come un intervento umanitario. Cosa ci sia di umanitario nell’operazione programmata in Libia non è davvero chiaro. Infatti, finora non ci sono stati riscontri alla campagna propagandistica preventiva lanciata da vari organi di stampa e da alcuni emittenti televisive. Si diceva, ad esempio, che già nelle prime settimane tra i civili vi sarebbe stato un totale di 10 mila morti. Al Jazeera (l’emittente televisiva di matrice islamica con sede nel Qatar) aveva asserito che l’aviazione libica avrebbe bombardato dei civili che manifestavano contro il governo. Questa notizia, successivamente, si era rivelata falsa, ma aveva fornito il pretesto per far passare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la risoluzione 1973. La delibera era passata senza che Cina e Russia ponessero il veto – come era loro diritto. In base ad essa le Nazioni Unite autorizzavano i Paesi membri ad istituire il blocco dello spazio aereo libico. In tal modo si voleva impedire che gli aerei dei reparti dell’aviazione libica fedeli al governo di Tripoli si potessero levare in volo per sedare la rivolta.
Anche la rete televisiva statale inglese, la Bbc, un tempo considerata autorevole per la propria indipendenza nel riferire le notizie, si è dovuta piegare alle esigenze della propaganda di guerra. Per giustificare un intervento con truppe di terra ha affermato che le truppe fedeli a Gheddafi avrebbero utilizzato bombe a grappolo contro i civili a Misurata, un’azione atroce contro la propria stessa popolazione. Essa non è proprio un “crimine di guerra” perché non attuata contro territorio nemico, ma sarebbe stato sufficiente a dare un connotato “umanitario” all’intervento militare.
Il governo di Tripoli ha, però, smentito ed ha avuto gioco facile. Noi, ha detto un suo portavoce, non solo non siamo dei criminali che utilizzano bombe a grappolo contro i civili, ma non siamo nemmeno imbecilli. Le bombe a grappolo lasciano, infatti, tracce evidenti per giorni e mesi, che la Bbc non ha mostrato, e fornire una così grande arma propagandista a chi ci bombarda sarebbe stato da veri idioti. Infine, anche la situazione a Misurata sembra differente da quella che viene descritta da molti organi d’informazione. Negli ospedali della città il numero delle donne ricoverate con ferite dovute agli scontri è solo il 3% e questo fa ritenere che i ricoverati siano per lo più combattenti armati e non civili estranei ai combattimenti.
Quanto all’Onu, il suo voltafaccia rasenta l’ipocrisia. Fino a pochi mesi prima del conflitto, le Nazioni Unite consideravano la Libia di Gheddafi uno dei migliori Paesi dell’Africa dal punto di vista di qualità della vita, distribuzione della ricchezza, istruzione, salute, servizi medici alla popolazione. Che cosa davvero giustifica dunque l’intervento militare a fini umanitari? Probabilmente non lo sapremo mai, come mai abbiamo saputo dove sono andate a finire le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Eppure proprio questa era stata la motivazione ufficiale addotta per giustificare l’invasione dell’Iraq.
Qui non si afferma che Gheddafi sia esente da macchie e colpe o anche solo da possibili critiche, è ovvio. Altrettanto evidente, però, è che in Libia non c’è stata una pacifica protesta popolare, ma una rivolta armata o un progetto di secessione che qualsiasi Stato non può permettere che si verifichi, se vuole preservare la propria indipendenza e sovranità nazionale. Reprimere una sedizione militare o una secessione comporta l’uso della forza. Gheddafi non è certo Abramo Lincoln, ma anche gli Usa nella loro storia hanno combattuto una guerra civile e non certo per abolire lo schiavismo – visto che alcuni Stati del Nord rimanevano schiavisti – ma perché gli Stati Confederati del Sud – ed alcuni di essi non erano schiavisti – avevano proclamato la secessione.
Nel caso di Gheddafi erano appena iniziati gli scontri, i fatti non erano ancora ben noti e già contro di lui era stato spiccato mandato di cattura internazionale per “crimini contro l’umanità”. Gheddafi deve andarsene, questo afferma la Nato, questo è l’obbiettivo della guerra, ma non si sa bene nemmeno dove. Probabilmente, nelle speranze di chi l’ha messa in atto e di chi l’ha fomentata, l’insurrezione si sarebbe dovuta concludere in breve tempo con la fuga o la cattura di Gheddafi. Così non è stato e quella che avrebbe dovuto essere una breve vittoriosa rivolta, un colpo di mano, si è trasformata in una guerra civile, fomentata, finanziata ed armata dall’esterno.
Questo intervento “umanitario” in Libia, è perciò in realtà una guerra ed a prima vista sembrerebbe una guerra di tipo neo-coloniale. Bloomberg[1] riporta, infatti, che la prima cosa che hanno fatto i ribelli è stata di costituire una Banca Centrale a Bengasi ed una Compagnia Petrolifera Nazionale sempre a Bengasi.
Chi affronta una guerra deve porsi il quesito sul costo e sulla possibile durata del conflitto. Come le insurrezioni “spontanee” in Egitto ed in Tunisia, anche il bombardamento aereo franco-inglese sulla Libia era stato programmato da tempo, addirittura dal 2 novembre dello scorso anno, data in cui: “la Francia e la Gran Bretagna hanno firmato degli accordi di cooperazione senza precedenti in materia di difesa e di sicurezza”. Così è, infatti, scritto letteralmente nella presentazione del sito congiunto dell’aeronautica militare francese e britannica[2]. In esso viene descritta un’esercitazione, la “Southern Mistral 2011”, in cui, dietro il nome in codice di Southland, una dittatura che attacca gli interessi nazionali francesi, è facile intuire il chiaro riferimento alla Libia. Probabilmente ci si era resi conto che, a differenza di Ben Alì e di Hosni Mubarak, Gheddafi aveva un suo progetto politico in cui credeva e non avrebbe tolto subito il disturbo. Per convincerlo si pensava perciò che sarebbero bastate un po’ di bombe. Purtroppo gli arsenali europei sembra abbiano esaurito le riserve di bombe e Gheddafi non se n’è ancora andato.
Fin dall’inizio del conflitto, mons. Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli, ha auspicato trattative politiche, ma né la Nato, né il Consiglio Nazionale Libico di Bengasi pare vogliano sentirne parlare. Sembra essere tornati all’epoca della Grande Guerra, lontano frutto anch’essa di un accordo franco-britannico (la “Entente cordiale” siglata nel 1904). Anche nel 1914 i franco-britannici pensavano che si sarebbe trattato di una breve guerra, e dopo pochi mesi le munizioni dovettero essere importate dagli Usa. Anche nel 1917 le forze dell’Intesa, che oltre alle munizioni avevano a quel punto esaurito ogni altra risorsa e la possibilità di ottenere ulteriori finanziamenti, rifiutarono le trattative di pace proposte da Carlo I d’Austria – poi dichiarato Beato dal papa Giovanni Paolo II. Anche in quella occasione non si diede ascolto alla voce della Chiesa, gli appelli dell’allora papa Benedetto XV a porre fine alla "inutile strage". Arrivarono in soccorso un milione di soldati americani sul suolo europeo e l’Intesa ebbe la sua vittoria senza compromessi. Ne nacque, però, anche la Rivoluzione Bolscevica e la Russia per 73 anni è stata afflitta dalla dittatura sovietica che ha fatto da 60 a 80 milioni di vittime sul suolo russo e molte di più nel mondo intero ed in Cina in particolare. Oggi, non sembra che gli Usa vogliano per il momento impegnare truppe di terra, come nel 1917. L’intervento perciò dovrà essere gestito dagli europei. L’esperienza coloniale italiana mostra però che difficilmente si potrà trattare di un impegno di breve durata: dal 1911 la guerriglia libica contro l’occupazione italiana durò circa vent’anni. La Libia sembra perciò avviarsi a diventare un nuovo teatro di guerriglia come lo fu il Vietnam per gli americani. L’invio di istruttori fa perciò riaffiorare ricordi sinistri, sembra preannunciare un nuovo “Vietnam” , il Vietnam europeo. Anche in Vietnam tutto ebbe inizio con basso profilo, ma poi vi fu un crescendo. Nel 1961 il presidente Kennedy iniziò ad inviare 900 istruttori militari. Alla fine del 1962 il loro numero era salito a 11mila. Nel 1969 le truppe americane arrivarono a toccare il picco con 543mila unità dislocate nel Paese.
Preoccupa anche la prospettiva che al posto di dirigenti nazionalisti arabi di stampo nasseriano (Hosni Mubarak, Gheddafi e Ben Alì) si installino nel Mediterraneo ed in tutti i paesi arabi capi islamici ed estremisti – salafiti e quaedisti. In tal caso potrebbe davvero prefigurarsi uno scontro tra fronte laicista ed uno islamista.
Quello che preoccupa inoltre è che l’impegno militare in Libia non è solo una guerra neocoloniale, ma potrebbe essere un passaggio davvero epocale, la fine di un’epoca iniziata con il Trattato di Vestfalia del 1648. In questo senso, le risoluzioni 1970 e 1973 dell’Onu sanciscono di fatto la fine del principio della sovranità nazionale e della non ingerenza negli affari interni (il noto principio del “Cuius regio, eius religio”) di un paese internazionalmente riconosciuto come sovrano ed indipendente. Si apre così la strada all’avvio di un direttorio mondiale, un governo planetario, cui si affiancherebbe una banca centrale mondiale. Se così fosse, la guerra di Libia segnerebbe la fine della democrazia occidentale e del sistema che si è andato sviluppando negli ultimi tre - quattro secoli. (Fonte: Asianews)
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-Guerra Libia, Dura Condanna per ecisione insensata e scellerata del governo.
26 Aprile 2011
Quanto detto e fatto oggi da quegli assoluti infami e traditori della patria e della Costituzione, nonché di tutte le leggi internazionali…che rispondono ai nomi di Silvio Berlusconi e Giorgio Napoletano è degno delle miserie del più basso impero ……
In un paese normale dove avessero valore le leggi questi due cialtroni sarebbero immediatamente catturati, processati per direttissima e fucilati alla schiena. Costoro hanno stravolto ogni possibile legalità del pensiero, delle dichiarazioni e dell’azione…
Di fatto hanno :
a) condotto l’Italia in guerra ….
b) senza nessuna dichiarazione di guerra….
c) Senza aver riunito le camere e aver sottoposto il quesito al parlamento…..
d) senza che il presidente Napoletano lo controfirmasse..
e) Senza che ve ne fosse la necessità….
f) senza il consenso della popolazione che è tutta palesemente contraria…..
g) esponendo la popolazione a rischio di eventuali ritorsioni.
E tutto questo dopo che Berlusconi poco più di una settimana fa aveva dichiarato che mai avrebbe intrapreso una diretta iniziativa di guerra contro la Libia…
Che dire…. Più evidente di così che :
1) questa non è una repubblica ……
2) meno che mai democratica;
3) la legge non vi alberga più, se mai ci sia mai stata;
4) questa è viceversa una “repubblica delle banane" dove chi comanda sta a Washington e la sua "DEPENDENCE" sta a Parigi;
5) il parlamento non conta un cazzo e le decisioni (pure a livello locale) le prendono in tre o quattro;
6) La costituzione è solo un’accogliazza di parole in ordine sparso che quando occorre le si ordina secondo il proprio tornaconto e viceversa quando non serve non conta nulla;
7) Siamo comandati da una banda di canaglie, corrotte, dissolute, putrefatte, che stravolgono ogni conquista sociale, politica, morale civile…..ad esclusivo ed inclusivo uso e consumo loro e dei loro padroni.
Se mai avessi avuto dei dubbi e da oltre un quarto di secolo non li ho…. Ora proprio me li hanno tolti di forza e quindi ….. almeno per quanto riguarda costoro, ho solo certezze indefettibili e conseguentemente ….
A) IO NON RICONOSCO PIU’ L’AUTORITA’ DI COSTORO……
B) DELLE ISTITUZIONI …
C) E DEI FUNZIONARI CHE TOLLERANO QUESTO COLPO DI STATO PALESE E MANIFESTO E NESSUNO DI COLORO DEPUTATI A CIO’ E’ INTERVENUTO A SANARE QUESTO VULNUS COSTITUZIONALE, GIURIDICO, POLITICO.
(Di " Orazio Fergnani " dal Gruppo FB: Alba Mediterranea)
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- Leggi art. correlato: Berlusconi: «Sì ai bombardamenti in Libia» L'ira della Lega. Il governo si spacca
L'Italia dichiara guerra alla Libia nel giorno della festa della Liberazione. Palazzo Chigi: «Sì ad azioni aeree mirate. Il Parlamento sarà informato», la decisione di Berlusconi dopo un colloquio con Obama. La Lega subito insorge, rischio di crisi sulla Libia. Calderoli: «Bombardamenti? non avranno il mio voto». Italo Bocchino, vicepresidente di Fli: «Le parole di Calderoli aprono la crisi di governo». Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa: «Napolitano avvertito preventivamente della decisione di cambiare la natura della missione italiana in Libia. I missili italiani - ha sottolineato il ministro - colpiranno solo obiettivi specifici». Enrico Gasbarra, deputato Pd: «Governo viola l'articolo 11 della Costituzione». Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato: «Il nostro riferimento continua ad essere la risoluzione 1973 dell'Onu. Il governo spieghi in Parlamento questa svolta». Il Gen. Tricarico, ex capo Stato maggiore dell'Areonautica: «Decisione Italia incommentabile»
LA NOTA DI PALAZZO CHIGI
«Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha avuto poco fa una lunga conversazione telefonica con il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sugli sviluppi della crisi libica», si legge nella nota di Palazzo Chigi. «Nel corso del colloquio - prosegue il comunicato - il Presidente Berlusconi ha informato il Presidente Obama che l'Italia ha deciso di rispondere positivamente all'appello lanciato agli Alleati dal Segretario Generale della Nato in occasione della Riunione del Consiglio Atlantico del 14 aprile scorso a Berlino, e dopo i contatti avuti successivamente dal Presidente del Consiglio e dai Ministri degli Esteri e della Difesa, per aumentare l'efficacia della missione intrapresa in Libia in attuazione delle Risoluzioni ONU 1970 e 1973».
«A tal fine l'Italia (che sin dall'inizio sta fornendo un cruciale contributo all'operazione Unified Protector in termini sia di assetti aerei e navali assegnati alla missione sia di disponibilità delle proprie basi aeree per lo schieramento di aerei alleati) - si precisa nella nota di Palazzo Chigi - ha deciso di aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell'intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica. Con ciò, nel partecipare su un piano di parità alle operazioni alleate, l'Italia si mantiene sempre nei limiti previsti dal mandato dell'operazione e dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». «Le azioni descritte si pongono in assoluta coerenza con quanto autorizzato dal Parlamento, sulla base di quanto già stabilito in ambito Onu e Nato, al fine di assicurare la cessazione di ogni attacco contro le popolazioni civili e le aree abitate da parte del regime di Gheddafi. Sugli sviluppi e sugli aggiornamenti il Governo informerà il Parlamento e i Ministri degli Esteri e della Difesa sono pronti a riferire davanti alle Commissioni congiunte Esteri-Difesa». «Il Presidente Berlusconi telefonerà tra poco al Primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, e al Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, per informarli di tali sviluppi, e ne parlerà domani - conclude il comunicato - con il Presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy, in occasione del Vertice Intergovernativo previsto a Roma».
CALDEROLI: «NON AVRANNO IL MIO VOTO»
«Non so cosa significhi ulteriore flessibilità, ma se questo volesse dire bombardare non se ne parla. Il mio voto in questo senso non l'avranno mai». Lo afferma Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione legislativa e responsabile delle segreterie nazionali della Lega Nord. «Ero e resto contrario a qualunque ulteriore intervento in Libia rispetto a quello che già abbiamo reso disponibile e fatto», aggiunge il ministro. «Abbiamo già fatto abbastanza mettendo a disposizione le basi e l'appoggio logistico e il pattugliamento anti-radar - prosegue Calderoli -. Personalmente non avrei dato neanche questa disponibilità se non in cambio di un concreto concorso delle forze alleate al respingimento dell'immigrazione clandestina e alla condivisione del peso dei profughi».
ITALO BOCCHINO: DI FATTO SI APRE CRISI DI GOVERNO
«La dichiarazione di Calderoli sull'intervento italiano in Libia apre di fatto la crisi di governo. Berlusconi ha garantito a Obama ciò che mai avrebbe voluto fare per non turbare la dittatura di Gheddafi, ma non ha fatto i conti con la cultura antinazionale della Lega che è pronta a far sfigurare l'Italia a livello internazionale pur di prendere quattro voti in più alle amministrative». Lo dichiara Italo Bocchino, vicepresidente di Futuro e Libertà, che aggiunge: «A questo punto è opportuno un immediato dibattito parlamentare sull'intervento in Libia che faccia emergere le posizioni reali delle forze politiche e la solidità del governo in politica estera, senza la quale è evidente che sarebbe preferibile il ricorso alle urne».
LA RUSSA: NAPOLITANO AVVERTITO PREVENTIVAMENTE
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è stato avvertito preventivamente dal governo della decisione di cambiare la natura della missione italiana in Libia, prevedendo azioni aeree mirate. Lo ha riferito il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.
FRATTINI: E' LA RISPOSTA A RICHIESTA INSORTI BENGASI
La partecipazione dell'Italia ai bombardamenti in Libia è la «naturale prosecuzione di una missione che non cambia» e comunque è la risposta del governo ad una precisa richiesta arrivata dai ribelli di Bengasi. «È arrivato a Roma il capo del Consiglio Nazionale Transitorio (Mustafa Abdul Jalil; ndr) e ci ha detto 'noi chiediamo all'Italia un impegno più grande: è evidente che sentito dire dai libici, questo ha un effetto importante», ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, dopo l'annuncio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
GASBARRA, PD: «GOVERNO VIOLA L'ART.11 DELLA CARTA»
«La decisione del governo italiano di partecipare alla missione libica con azioni belliche dirette è grave e in palese contrasto con l'articolo 11 della Costituzione». Lo scrive in un comunicato il deputato del Pd, Enrico Gasbarra. «Una modifica così rilevante della missione deve essere decisa dal Parlamento che va convocato per votare l'autorizzazione - conclude Gasbarra - a bombardare e non può certo bastare una semplice informativa».
FINOCCHIARO, PD: «OK SE ENTRO RISOLUZIONE ONU»
«Il nostro riferimento continua ad essere la risoluzione 1973 dell'Onu. Se verranno confermati i confini di quella risoluzione il Pd non farà mancare il suo assenso». Lo dice la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro per la quale «è necessario che il Governo venga al più presto in Parlamento a spiegare i motivi di questa svolta nell'atteggiamento italiano riguardo la crisi libica». «Con estrema disinvoltura, e senza un coinvolgimento che sarebbe stato doveroso dell'opposizione - lamenta Anna Finocchiaro - il Governo cambia improvvisamente idea e decide di intervenire piu direttamente». «Quello che troviamo gravi - aggiunge Finocchiaro - sono le divisioni irresponsabili che continuano a manifestarsi dentro il governo con la Lega che continua a prendere le distanze dalle decisioni di Berlusconi. Questo è un fatto per noi inaccettabile che testimonia della crisi continua e irreversibile di questo esecutivo».
GEN. TRICARICO: «ALTI RISCHI DANNI COLLATERALI»
Bombardamenti o azioni mirate? «In ogni caso c'è un rischio altissimo di danni collaterali». L'ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica e membro della Fondazione Icsa, generale Leonardo Tricarico ha un'opinione ben diversa da quella del ministro La Russa, secondo il quale le missioni su «obiettivi specifici» ridurranno i rischi per la popolazione civile. «Mi pare chiaro che non si vogliono utilizzare i termini per quello che sono - afferma Tricarico -. Le azioni mirate, dunque i bombardamenti, sono molto pericolosi, anche perchè di obiettivi militari dopo oltre un mese di azioni alleate ne dovrebbero essere rimasti ben pochi». Dunque da oggi «c'è un salto di qualità non da poco». Il ministro La Russa, sottolinea l'ex capo di Stato Maggiore, «finora ha negato, ma gli unici bombardamenti effettuabili erano quelli dei Tornado contro le postazioni di difesa aerea di Gheddafi». Da oggi invece si utilizzeranno altri mezzi, «a cominciare dai Tornado cacciabombardieri, dagli Amx e dagli Av8» armati con «bombe a guida di precisione e cannoni». Assetti che potrebbero provocare «danni collaterali». Molto meglio, secondo Tricarico, sarebbe stato meglio utilizzare i Predator, «mezzi più efficaci che però il ministro La Russa si ostina a tenere disarmati in Afghanistan» e gli elicotteri Mangusta. Secondo Tricarico, inoltre, i velivoli italiani saranno pronti ad entrare in azione «nella migliore delle ipotesi entro 72 ore a partire da ora». In ogni caso, la decisione italiana di cambiare strategia è, secondo Tricarico, «incommentabile». (Fonte: L'UNITA')
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In Memoria di Vittorio Arrigoni. E’ morto un Uomo di Pace e di Verità, Ricordiamolo con le sue parole
Vittorio Arrigoni ( 1975- 2011). Ricordiamolo con le sue parole:
“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato.” Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi la schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”
"A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito".
"E' ancora presto per parlare, ma non posso non dire ora grazie a tutti quelli che in questi giorni mi hanno salutato e abbracciato parlandomi di Vittorio, il ragazzo ai più conosciuto solo attraverso le sue parole e i suoi video. Non dimentichiamo la sua pressante invocazione a "Restare umani". Io sarò la sua prima testimone...". ( "Egidia Beretta- Arrigoni" mamma di "Vittorio Arrigoni" )
-Leggi altri articoli e riflessioni su Vittorio Arrigoni (cliccare quì sopra)
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“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato.” Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi la schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”
"A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito".
"E' ancora presto per parlare, ma non posso non dire ora grazie a tutti quelli che in questi giorni mi hanno salutato e abbracciato parlandomi di Vittorio, il ragazzo ai più conosciuto solo attraverso le sue parole e i suoi video. Non dimentichiamo la sua pressante invocazione a "Restare umani". Io sarò la sua prima testimone...". ( "Egidia Beretta- Arrigoni" mamma di "Vittorio Arrigoni" )
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lunedì 25 aprile 2011
ALIFE(Ce)- Elezioni Comunali 2011 in città. A proposito della amministrative nella mia città di origine. Elogio ad Avecone per la rinuncia dell'indennità e consigli per le 2 liste..(da leggere fino in fondo)
ALIFE(Caserta) - A proposito delle prossime amministrative nella mia città di origine (Alife in prov. di Caserta, area dell' Alto - casertano zona Matese). Chi mi conosce da vicino, sa che pur dichiarandomi "cittadina del mondo" non dimentico mai di seguire le vicende e i fatti che accadono mia comunità di origine, per i quali più di una volta sono scesa in campo per "alzare la voce" a favore dei diritti della mia gente e del mio territorio di appartenenza. Anche quest' argomento fa parte dell' "impegno per la Pace". Pensare all' umanità senza mai però dimenticare chi ti é vicino. Ed é una cosa che ripeto spesso con chi incontro per strada. Per esempio l'ultimo progetto relativo alla Raccolta generi alimentari per aiutare le famiglie disagiate( alcune famiglie..) ne é la prova, ma non solo questo...Come dicevo agli inizi, vorrei esprimere un pensiero, "positivo" se mi si consente, che si riferisce alla notizia appresa in questi giorni, circa la proposta avanzata dal candidato sindaco della lista 2 dott. Giuseppe Avecone (detto "Peppino") riguardante la "rinuncia all' indennità", in caso di elezione. Proposta che la sottoscritta aveva già lanciato tempo fa e che a breve, proprio in occasione della campagna elettorale l'avrebbe rilanciata ai candidati delle liste. A quanto pare gli incontri che abbiamo svolto lo scorso dicembre in più parti della città, scegliendo luoghi "simbolo" come appunto le casi popolari a P. Roma, le case diroccate delle Torri in Via M. Romane e la frazione alifana di Totari, nell'ambito del " Fuoco della Pace", non sono
stati vani. Durante queste serate infatti si é parlato e si é discusso anche delle imminenti amministrative e di varie proposte da avanzare ai candidati, quali appunto quella della rinuncia all' indennità o almeno di una parte di essa. Infatti, la rinuncia dell'indennità da parte sia del sindaco che dell' amministrazione, o almeno una parten della stessa, consentirebbe di attivare un fondo sociale a favore delle famiglie precarie, con la possibilità di avviare progetti di cooperazione locale per offrire quindi opportunità di lavoro ai disoccupati. Senza lavoro non c'é sviluppo e senza sviluppo una comunità é destitnata a scomparire. La povertà impedisce lo sviluppo. Quello che manca alla mia città di origine é la "Cultura della Solidarietà sociale", sulla quale si fonda anche l'impegno per la Pace. Poco é stato fatto sull'argomento sino ad ora, al di là di sporadiche iniziative benefiche e di una vera e propria formazione a questi argomenti. Lo dico per esperienza diretta, la fatica che si fa da queste parti nel proporre serie riflessioni sull' argomento: "impegno sociale e Pace" é veramente tanta. Anche nelle scuole si fa fatica, e pare che sia gli insegnanti come i dirigenti scolastici, abbiano interessi da un altra parte. Eppure la formazione dei giovani a queste tematiche importanti visti i tempi critici che viviamo é davvero urgente, basterebbe capire che é proprio dalla conoscenza di questi argomenti che si potrà salvare la vita ed il futuro dei giovani. Per quanto riguarda il resto, la gente non partecipa. Ma ciò che più mi addolora é constatare che anche i giovani, nonostante li abbia sollecitati tante volte a dare il proprio contributo per una causa altamente nobile quale appunto quella della Pace, fanno fatica a comprendere, e non rispondono come dovrebbero..Mah che dire: "i giovani sono il risultato degli adulti"e di messaggi devianti diffusi dai media e da un ambiente familiare molto riduttivo. Per fortuna però che non é sempre così! Ma ritornando nuovamente all' argomento iniziale dico che: " Esercitare politica significa servire la comunità e addossarsi dei problemi di tutti, partendo da quelli delle fasce più deboli e precarie."..Il dott. Giuseppe Avecone, che in arte esercita la professione di dentista, é una persona molto generosa. Sia lui come la famiglia (il padre ed i fratelli che esercitano lo stesso lavoro), più volte hanno rinunciato al compenso per la loro prestazione dentistica. Detto ciò e soprattutto senza nulla togliere alla lista rivale capeggiata dal commercialista dott. Daniele Cirioli, anche lui una bravissima persona, e per la verità l'ho pure visto qualche volta partecipare alle nostre iniziative di Pace, vorrei con questa mia, gettare semplicemente un seme che sa di speranza e di provocazione, alla stessa maniera con cui anch'io a suo tempo fui provocata, e la mia scelta di oggi, malgrado chi continua ancora stenta a capirlo, é frutto proprio di quella o di quelle "speranze e di provocazioni" passate...Pertanto come dicevo, vorrei dire infine solo alcune parole: " La decisione lanciata dal candidato sindaco Avecone della lista 2 "Per Alife" sia quindi da prendere come esempio"! Auguri a tutti e che vinca il migliore! A patto però che non si usino bassi metodi clientelari (favori in cambio di voti, soldi in cambio di voti, etc..). Il migliore per me e concludo, sarà "colui " che sosterrà fortemente la causa e le proposte di Pace, ben consapevole che senza la Pace non può esistere nessuna politica di servizio, senza la Pace non si va da nessuna parte. Senza la Pace una comunità non cresce, lo stesso vale per la civiltà, ed é destinata allo sbando, all' affondo. Facciamo maturare allora la "coscienza civile" e impegniamoci maggiormente nel sociale per la difesa dei "Beni Comuni". Colgo l'occasione per invitare i candidati delle due liste con i rispettivi candidati sindaci a dare un "segnale di civiltà" e ad aderire alla "Raccolta generi alimentari" (raccolta generi alimentari a lunga conservazione) che é l' ultimo progetto sociale ancora in corso attivato dal nostro "Movimento per la Pace" in favore delle famiglie disagiate di Alife. Molti cittadini alifani (e non) vi hanno già aderito. Ma un segnale positivo dovrete darlo anche voi. Le buone pratiche come i buoni esempi di vita, sono la prima dote di cui deve rivestirsi un signore che decide di ricoprire un incarico pubblico. Il cambiamento avverrà quando lo si inizierà a fare insieme, partendo proprio dai gesti e dalle azioni concrete al di là delle parole e dei buoni propositi. E sulle parole dell'adagio "Restiamo Umani", dell' attivista per la Pace e i Diritti Umani "Vittorio Arrigoni" ucciso a Gaza per essere coerente fino in fondo al "suo" e "nostro "Ideale", cerchiamo di essere anche noi coerenti fino in fondo, di guardare oltre i "paraocchi" che ci impediscono di vedere la realtà, per dare veramente una svolta a questa città. Un appello affinché la vostra sia una campagna elettorale leale, trasparente e pacifica soprattutto! Lungi da ogni attacco personale o di violenza verbale, il cui scopo é solo quello di mettere in cattiva luce l'avversario. Lo stesso valga anche per gli elettori simpatizzanti sia dell'una che dell'altra lista, astenetevi da ogni pregiudizio, e se non avete mai avuto un contatto ne un confronto diretto con la persona "oggetto" dei vostri malcontenti, se vi limitate a giudicare solo per sentito dire, fareste un gran bene a tutta la comunità che riflettiate sulle parole prima di lanciare " attacchi". Piuttosto meglio tacere che alimentre la falsa cultura della disinformazione e del pregiudizio. Non é bello leggere di articoli o commenti dispregiativi in giro, in questa maniera si denigra non solo la persona ma l'intera comunità a cui si appartiene, ne si dà buon esempio di civiltà. Che sia - e lo ripeto- una campagna elettorale "pacifica". Vinca e si affermi dunque sempre e solo la Pace! Che il compianto sindaco "Fernando Iannelli" da lassù continui a vegliare su tutti noi. ( di Agnese Ginocchio, Testimonial per la Pace. Movimento Internaz. per la Pace e la Salvaguardia del Creato. Info: http://www.agneseginocchio.it/ )
Ps: Le Foto si riferiscono all'Evento denominato "Fuoco della Pace" . Svoltosi durante le scorse festività natalizie in Alife(Ce)
stati vani. Durante queste serate infatti si é parlato e si é discusso anche delle imminenti amministrative e di varie proposte da avanzare ai candidati, quali appunto quella della rinuncia all' indennità o almeno di una parte di essa. Infatti, la rinuncia dell'indennità da parte sia del sindaco che dell' amministrazione, o almeno una parten della stessa, consentirebbe di attivare un fondo sociale a favore delle famiglie precarie, con la possibilità di avviare progetti di cooperazione locale per offrire quindi opportunità di lavoro ai disoccupati. Senza lavoro non c'é sviluppo e senza sviluppo una comunità é destitnata a scomparire. La povertà impedisce lo sviluppo. Quello che manca alla mia città di origine é la "Cultura della Solidarietà sociale", sulla quale si fonda anche l'impegno per la Pace. Poco é stato fatto sull'argomento sino ad ora, al di là di sporadiche iniziative benefiche e di una vera e propria formazione a questi argomenti. Lo dico per esperienza diretta, la fatica che si fa da queste parti nel proporre serie riflessioni sull' argomento: "impegno sociale e Pace" é veramente tanta. Anche nelle scuole si fa fatica, e pare che sia gli insegnanti come i dirigenti scolastici, abbiano interessi da un altra parte. Eppure la formazione dei giovani a queste tematiche importanti visti i tempi critici che viviamo é davvero urgente, basterebbe capire che é proprio dalla conoscenza di questi argomenti che si potrà salvare la vita ed il futuro dei giovani. Per quanto riguarda il resto, la gente non partecipa. Ma ciò che più mi addolora é constatare che anche i giovani, nonostante li abbia sollecitati tante volte a dare il proprio contributo per una causa altamente nobile quale appunto quella della Pace, fanno fatica a comprendere, e non rispondono come dovrebbero..Mah che dire: "i giovani sono il risultato degli adulti"e di messaggi devianti diffusi dai media e da un ambiente familiare molto riduttivo. Per fortuna però che non é sempre così! Ma ritornando nuovamente all' argomento iniziale dico che: " Esercitare politica significa servire la comunità e addossarsi dei problemi di tutti, partendo da quelli delle fasce più deboli e precarie."..Il dott. Giuseppe Avecone, che in arte esercita la professione di dentista, é una persona molto generosa. Sia lui come la famiglia (il padre ed i fratelli che esercitano lo stesso lavoro), più volte hanno rinunciato al compenso per la loro prestazione dentistica. Detto ciò e soprattutto senza nulla togliere alla lista rivale capeggiata dal commercialista dott. Daniele Cirioli, anche lui una bravissima persona, e per la verità l'ho pure visto qualche volta partecipare alle nostre iniziative di Pace, vorrei con questa mia, gettare semplicemente un seme che sa di speranza e di provocazione, alla stessa maniera con cui anch'io a suo tempo fui provocata, e la mia scelta di oggi, malgrado chi continua ancora stenta a capirlo, é frutto proprio di quella o di quelle "speranze e di provocazioni" passate...Pertanto come dicevo, vorrei dire infine solo alcune parole: " La decisione lanciata dal candidato sindaco Avecone della lista 2 "Per Alife" sia quindi da prendere come esempio"! Auguri a tutti e che vinca il migliore! A patto però che non si usino bassi metodi clientelari (favori in cambio di voti, soldi in cambio di voti, etc..). Il migliore per me e concludo, sarà "colui " che sosterrà fortemente la causa e le proposte di Pace, ben consapevole che senza la Pace non può esistere nessuna politica di servizio, senza la Pace non si va da nessuna parte. Senza la Pace una comunità non cresce, lo stesso vale per la civiltà, ed é destinata allo sbando, all' affondo. Facciamo maturare allora la "coscienza civile" e impegniamoci maggiormente nel sociale per la difesa dei "Beni Comuni". Colgo l'occasione per invitare i candidati delle due liste con i rispettivi candidati sindaci a dare un "segnale di civiltà" e ad aderire alla "Raccolta generi alimentari" (raccolta generi alimentari a lunga conservazione) che é l' ultimo progetto sociale ancora in corso attivato dal nostro "Movimento per la Pace" in favore delle famiglie disagiate di Alife. Molti cittadini alifani (e non) vi hanno già aderito. Ma un segnale positivo dovrete darlo anche voi. Le buone pratiche come i buoni esempi di vita, sono la prima dote di cui deve rivestirsi un signore che decide di ricoprire un incarico pubblico. Il cambiamento avverrà quando lo si inizierà a fare insieme, partendo proprio dai gesti e dalle azioni concrete al di là delle parole e dei buoni propositi. E sulle parole dell'adagio "Restiamo Umani", dell' attivista per la Pace e i Diritti Umani "Vittorio Arrigoni" ucciso a Gaza per essere coerente fino in fondo al "suo" e "nostro "Ideale", cerchiamo di essere anche noi coerenti fino in fondo, di guardare oltre i "paraocchi" che ci impediscono di vedere la realtà, per dare veramente una svolta a questa città. Un appello affinché la vostra sia una campagna elettorale leale, trasparente e pacifica soprattutto! Lungi da ogni attacco personale o di violenza verbale, il cui scopo é solo quello di mettere in cattiva luce l'avversario. Lo stesso valga anche per gli elettori simpatizzanti sia dell'una che dell'altra lista, astenetevi da ogni pregiudizio, e se non avete mai avuto un contatto ne un confronto diretto con la persona "oggetto" dei vostri malcontenti, se vi limitate a giudicare solo per sentito dire, fareste un gran bene a tutta la comunità che riflettiate sulle parole prima di lanciare " attacchi". Piuttosto meglio tacere che alimentre la falsa cultura della disinformazione e del pregiudizio. Non é bello leggere di articoli o commenti dispregiativi in giro, in questa maniera si denigra non solo la persona ma l'intera comunità a cui si appartiene, ne si dà buon esempio di civiltà. Che sia - e lo ripeto- una campagna elettorale "pacifica". Vinca e si affermi dunque sempre e solo la Pace! Che il compianto sindaco "Fernando Iannelli" da lassù continui a vegliare su tutti noi. ( di Agnese Ginocchio, Testimonial per la Pace. Movimento Internaz. per la Pace e la Salvaguardia del Creato. Info: http://www.agneseginocchio.it/ )
Ps: Le Foto si riferiscono all'Evento denominato "Fuoco della Pace" . Svoltosi durante le scorse festività natalizie in Alife(Ce)
Don Nandino Capovilla(Pax Christi Italia) su Vittorio Arrigoni: Domenica di Resurrezione, con Vittorio, samaritano della prima ora.
Vi mando, come promesso anche a Nandino, la sua preghiera per Vik
Riceviamo da "Stefano Ferrario", giornalista di Peace Reporter, presente ai funerali di Vittorio Arrigoni, questo scritto (vedi immagine 2, cliccare sopra per ingrandire e visualizzare bene) di don Nandino Capovilla, (nella foto 1 ) coordinatore nazionale di Pax Christi Italia (Movimento cattolico Internazionale per la Pace).
Un abbraccio S.
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25 aprile Vittorio Arrigoni in memory of - Stay Human
Vittorio Arrigoni in memory of 25 aprile 2011
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Don Nandino Capovilla coordinatore nazionale Pax Christi Italia, legge il suo pensiero per Vittorio Arrigoni, durante i funerali che si sono svolto il giorno di Pasqua 24 Aprile 2011. |
Riceviamo da "Stefano Ferrario", giornalista di Peace Reporter, presente ai funerali di Vittorio Arrigoni, questo scritto (vedi immagine 2, cliccare sopra per ingrandire e visualizzare bene) di don Nandino Capovilla, (nella foto 1 ) coordinatore nazionale di Pax Christi Italia (Movimento cattolico Internazionale per la Pace).
Un abbraccio S.
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25 aprile Vittorio Arrigoni in memory of - Stay Human
Vittorio Arrigoni in memory of 25 aprile 2011
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domenica 24 aprile 2011
In 2000 ai funerali di Vittorio Arrigoni. Ha concelebrato l'Arcivescovo emerito di Gerusalemme: Vittorio per noi é un martire, un santo...
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