martedì 1 febbraio 2022

La Pace sul Miletto 2021 dedicata a Gino Strada all'indomani della scomparsa 11-14 Agosto 2021. Consegnata la Bandiera della Pace all'altleta Antonio Alfano.



Dopo la consegna del vessillo di Pace presso il punto base ad Alife(CE), avvenuta nel giorno della festa patronale di San Sisto (11 Agosto) presso l’antica Cappella fuori le mura dedicata al santo Patrono e a seguire davanti al nostro Albero della Pace, dal quale si può ammirare la cima di Monte Miletto, il Monte della Pace, il nostro atleta, naturalista ed escursionista per la Pace Antonio Alfano, all’alba di ferragosto, il periodo di ferie più bello dell’anno e giorno in cui si è celebrata la Solennità dell’Assunta in Cielo, ha portato ed issato, per conto del Movimento per la Pace, la Bandiera della Pace su Monte Miletto( 2050 mt slm), la cima più alta dei Monti del Matese, in segno di affidamento delle nostre comunità e del mondo alla Pace. Sulla bandiera sono state riportate tutte le intenzioni annuali, dalle locali, in riferimento agli ultimi fatti accaduti, a quelle globali, con una dedica speciale al grande Gino Strada. La Pace per il mondo intero e per l’Afghanistan, ultimo pensiero di Strada prima di morire. E’ stato presente anche il prof. Carlo Pastore, che ha preso parte già ad altre scorse edizioni dello storico evento, e alcuni amici della montagna che si trovavano in escursione sul Miletto per ammirare il sorgere dell’alba.
Antonio Alfano in omaggio a Gino Strada ha indossato anche la maglietta di Emergency.
Poi ha distribuito dei depliant ( il cui testo si riporta qui di seguito) sui quali è stata riportata tutta la storia dell'iniziativa denopminata "Pace sul Miletto", con a seguire il ricordo del grande Gino Strada. Si ricorda che Monte Miletto è stato nominato dal Movimento per la Pace "Monte della Pace" lo scorso 4 Ottobre Festa di San Francesco d'Assisi e giornata della Pace durante la salita che vide la tappa speciale in tempi di Covid della FIaccola della Pace. La nomina di Monte della Pace è stata motivata proprio a seguito dell' iniziativa denominata: "Pace sul Miletto". Per l'occasione fu inaugurata una targa ( che si può vedere in queste foto, la targa si trova sulla bacheca di metallo) riportante la nomina di "Monte della Pace" sulla quale si puà leggere la storia in breve di "Pace sul Miletto", di cui Ente promotore è il Movimento per la Pace, con i nomi di quanti hanno partecipato alla mobilitazione nel corso degli anni e sui quali è stata riportata la storia di "Pace sul Miletto" e la storia di Gino Strada fondatore di Emergency. Un sentito e doveroso ringraziamento ad Antonio Alfano, uno straoirdinario eed esemplare figlio del Matese, da sempre disponibile con tutti, che sin dal primo momento si è messo a disposizione di questa causa senza vergognarsi e senza badare alla fatica che comporta l'azione di Pace. Un grazie anche al prof.Carlo Pastore esperto escursionista e storico fondatore del CAI P. Matese, che altrettanto si è reso disponibile nel corso degli anni ad accompagnare l'atleta naturalista alifano Antonio Alfano.

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Pace sul Miletto Ed.ne 2021.
Anche quest'anno nel giorno della festa patronale di San Sisto è avvenuta presso l'antica cappellina di S. Sisto fuori le mura dedicata al Santo Patrono Sisto 1° papa e martire ( Via S. Sisto, Alife, Caserta) e a seguire davanti all'Albero della Pace (Via Volturno, Alife) da cui si può ammirare la cima di Monte Miletto, la consegna della "Bandiera della Pace" al nostro portabandiera atleta e biker naturalista ed escursionista del Movimento per la Pace Antonio Alfano. All’atleta alifano Alfano è stato affidato quindi il compito di portarla ed issarla su Monte Miletto, la cima più alta dei Monti del Matese(2050 mt), alla vigilia di Ferragosto e Solennità dell'Assunta in cielo, in segno di affidamento delle nostre Terre e del mondo alla PACE.
Nel corso degli anni alla salita si sono uniti ed hanno preso parte altri esperti escursionisti, fra cui il prof. Carlo Pastore, Enzo Florio, Sergio Mellucci, Gianni D’Amato, Franco Panella, Umberto Riselli, Aldo Gobbo, Concetta Moscatiello …
Sulla Bandiera come tutti gli anni sono state riportare le intenzioni annuali, da quelle locali in riferimento agli ultimi fatti accaduti (i raid vandalici a danno dei nostri simboli della Pace e della Memoria presso l’Albero della Pace in Alife), a quelle globali… A San Sisto e a Maria SS.ma Assunta in cielo, affidiamo infine tutti gli "Operatori di Pace che si prendono cura della nostra terra" e tutti "i nostri Alberi della Pace", piantumati lungo le tappe della “Fiaccola della Pace” avvenute tra gli anni 2014-2020, e riportate sul "Segnavia della Fiaccola della Pace" sito proprio accanto all'Albero della Pace di Alife.
A seguito della scomparsa di uno dei più importanti leader del Movimento pacifista italiano, è stata aggiunta una dedica speciale, quella per il grande Gino STRADA, fondatore di Emergency, pacifista e Obiettore di coscienza, che ha dato un enorme contributo alla causa della PACE attraverso Emergency, l'Opera da lui fondata insieme alla moglie Teresa Sarti, che cura tutte le vittime delle guerre e delle mine antiuomo.
Gino Strada è figlio del 68, Si presentava come "chirurgo di guerra. La sua storia, il suo impegno per "gli ultimi" discendono da lì. Strada rimarrà un punto di riferimento del pacifismo italiano. La sua intransigenza contro la guerra e contro la logica delle armi, il suo schierarsi sempre dalla parte delle vittime civili dei conflitti è il grande insegnamento che ci lascia. Ha costantemente mostrato al mondo quello che la guerra fa: uccide ferisce, distrugge. Ha sempre rifiutato la retorica odiosa della "guerra umanitaria" o dell'accettazione passiva di fronte all'umana sofferenza dei popoli afghani e lontani. Lungo i suoi interventi chiudeva sempre con una frase che sintetizza il suo credo: "La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire" ( di Albert Einstein). Alla consegna del “Right Livelihood Award 2015”, il “premio Nobel alternativo” concludeva con questa frase: “Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future”.
L’eredità di Gino Strada, un “Artigiano” per la Pace, una voce libera.
Nei momenti bui della nostra storia ha saputo rappresentare la voce fuori dal coro, la voce coerente e libera che sapeva pronunciare parole di verità. Alle guerre, anche a quelle cosiddette "umanitarie", ha detto no, e ha avuto ragione. Il pacifismo deve molto alla sua intransigenza. Di questi tempi si sente spesso discorrere di «scontro di civiltà», e credo che ciò sia vero. Non nel senso che due mondi e due culture, quelli occidentali e quelli islamici, siano entrati in rotta di collisione: questo è del tutto falso. Ad essere in crisi è, piuttosto, l’idea stessa di «civiltà», o meglio la nostra idea di civiltà. È come se, in una nuova Macondo, non riconoscessimo più i principî, i concetti, perfino le parole. L’occupazione militare di un paese sovrano diventa missione di «peace-keeping», l’assassinio di cinquemila civili afgani sotto le bombe – ero in Afghanistan in quel periodo – si trasforma in «guerra al terrorismo». Cinquemila esseri umani spariti nel nulla, «effetti collaterali», cavie da laboratorio. Non ci deve sorprendere il disagio che proviamo, né la nostra spaventosa capacità di digerire ogni orrore della guerra. È frutto di una prolungata e puntuale opera di condizionamento dei nostri cervelli, una ferita prodotta da «un’arma» nuova e micidiale: l’informazione. Un’arma di «distrazione» di massa.
Il mio mestiere di chirurgo mi ha portato a vivere in mezzo alle guerre negli ultimi 15 anni, in Africa, in Asia, in America latina, perfino nella nostra Europa. Forse questo mi rende refrattario alla manipolazione, almeno sulla guerra. Perché quella che ho visto in molti paesi non c’entra niente con la favola che ho sentito raccontare da giornali e televisioni: la guerra che ristabilisce diritti umani, la guerra che porta la pace, la guerra che libera le donne. Non ci sono, non esistono. Non c’è guerra umanitaria, non può esserci uccisione degli uomini in nome dell’uomo. Facciamo la guerra? A chi? La guerra si fa al nemico, lo si colpisce il più duro possibile. Ho visto il nemico sconfitto, annientato. Bambini fatti a pezzi dalle bombe e dalle mine antiuomo, o lasciati spegnere da malattie diventate incurabili per l’embargo alle medicine. Loro sono stati colpiti, loro sono stati il nostro nemico. Per qualcuno di noi – cittadini del nostro stesso pianeta – sono solo «effetti», non esseri umani. Mi spaventa solo lo scriverlo. Il nemico «ufficiale» invece, quello che non abbiamo colpito, è sempre lì. È il mostro, o il mostro di turno, il feroce dittatore che chiamavamo presidente finché eravamo noi ad armarlo. Nell’ultima metà del secolo scorso abbiamo assistito a un rito macabro: in tutti i conflitti decisi da politici e generali, su dieci morti, nove sono stati civili. Un dato statistico inoppugnabile. Che orrendo gioco è questo? Perché molti nostri «governanti» ci stanno mentendo, e ci propongono la guerra per difendere «la nostra sicurezza»? La sicurezza di noi tutti, cittadini del pianeta, dipende invece – lo sappiamo benissimo – dalla nostra capacità di mettere al bando la guerra, di farla sparire dalla faccia della Terra, di lottare contro la guerra con forza, come stiamo facendo per vincere il cancro. È un compito difficile ma improrogabile che spetta a noi, donne e uomini di questo inizio di millennio. Dobbiamo riuscirci, e in tempi brevi, perché le armi di distruzione di massa, anche quelle progettate «per la nostra sicurezza», rischiano di distruggerci e di consegnare un mondo inospitale alle generazioni future. Come siamo potuti arrivare fin qui? Se centinaia di milioni di noi muoiono ogni anno di fame e di guerra, di malattia e di povertà, se siamo arrivati al punto che la guerra – che le famiglie europee hanno ben conosciuto – ci viene offerta come condizione normale di vita, ciò è potuto accadere solo perché nel mondo c’è poca democrazia, molto poca. Certo è responsabilità di molti, a cominciare da chi non si è mai preoccupato di quel che gli succedeva intorno. Mancanza di partecipazione, disinteresse alla politica. Non ci siamo preoccupati che la politica del paese militarmente più forte fosse decisa da elezioni finanziate per tre miliardi di dollari dalle varie «corporation», e le corporation hanno fatto il loro lavoro. Ciascuna lobby ci ha indicato il «suo» politico, non il nostro. Ci presentano due candidati, entrambi loro, e noi scegliamo. O meglio, come è successo nelle ultime elezioni Usa, il 30 per cento della popolazione sceglie e alla fine la Corte Suprema dichiara il vincitore senza passare per la conta dei voti. Se davvero chi governa esprimesse, rappresentasse il volere del popolo, l’Europa non sarebbe lacerata com’è. I popoli dell’Europa, la grande maggioranza dei cittadini europei, non vogliono la guerra all’Iraq. Anzi, non vogliono più nessuna guerra: la ritengono una barbarie, contraria all’etica e alla ragione umana.
Eppure alcuni governanti non considerano affatto l’opinione dei loro governati – tantomeno si sognano di indire consultazioni popolari – e vogliono portare il paese in guerra contro la volontà dei cittadini. Magari violando, come è già successo in Italia ad opera di governi di centro-sinistra e di centro-destra, la stessa Costituzione. In occasione della guerra all’Afghanistan, il 92 per cento del parlamento italiano ha votato per la guerra, cioè contro la Costituzione del proprio paese. Un esempio che ben chiarisce quanto grande sia il bisogno di democrazia, soprattutto di questi tempi. Gli Stati Uniti sono lì a dimostrare quanto la democrazia faccia a pugni con la guerra, quanto sia incompatibile. I cittadini di quel paese stanno pagando un prezzo enorme: possono venire arrestati, interrogati con le moderne tecnologie, perfino giustiziati, senza passare da un tribunale, senza diritto a una difesa. È la nuova legge, che seppellisce la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Quant’altra democrazia ha già macinato nel mondo il bellicismo della giunta petrolifera al potere negli Usa? Diritto internazionale, accordo di Kyoto, Corte penale, Convenzioni di Ginevra, autonomia delle Nazioni Unite… Io mi sento solidale con il popolo statunitense, e sono contrario a quel «governo», il loro, che annienta persino la libertà dei propri cittadini, che agisce «contro il suo stesso popolo». E credo che essere contrari alla politica di George Bush e dei suoi amici sia un imperativo morale per tutte le persone per bene che abitano il pianeta. Perché la politica in quel paese – e non solo in quello, ahimè – è stata usurpata da lobby pronte «a colpire» se vedranno «minacciati» i loro interessi, che spacciano per «interessi nazionali». Sono quegli interessi che oggi dettano la politica. La politica non è più cosa per cittadini, non deve più sforzarsi di migliorare la cosa pubblica e il nostro vivere associati. Oggi la politica serve gli interessi privati dei «Signori della Politica», di chi la finanzia e la controlla. Che sono anche i Signori della Guerra. Hanno scelto la guerra. Perché fa aumentare vertiginosamente i loro conti correnti, ma soprattutto perché l’uso illimitato e indiscriminato della forza è l’unico mezzo che hanno ormai a disposizione per mantenere la situazione attuale, quella che vede meno del 20 per cento degli uomini possedere più dell’80 per cento delle ricchezze del mondo. Le armi per mantenere ad ogni costo i privilegi di pochi. Un ritorno al passato, nella storia dell’uomo, altro che new economy. Questa è la vera guerra mai dichiarata: la guerra ai poveri del mondo, agli emarginati, agli sfruttati, ai deboli, ai diversi, la guerra a tutti gli «spendibili», vittime designate dei nostri consumi. In molti hanno trovato il coraggio di una ribellione morale e si rifiutano di essere complici di chi pensa, dopo averli spogliati di tutti i loro averi, di eliminare i poveri anziché la povertà. Mai come oggi il mondo è stato percorso da una voglia di cambiamento così forte, mai si erano visti tanti milioni di persone mobilitarsi per la pace. Chiedono pace. E hanno voglia di giustizia, non di Guantanamo. Hanno voglia di diritti, per tutti, magari perché nella loro umanità residua ancora riescono a sentirsi meglio se nessuno muore di fame intorno a loro, anche se a migliaia di chilometri. Hanno voglia di un mondo più umano, più giusto, più solidale, un mondo di donne e uomini «liberi ed eguali in dignità e diritti». Perché ancora credono che quell’«effetto collaterale», cui nessuno porterà un fiore né una coccarda, abbia in realtà una faccia e un nome, una storia e degli affetti. Insomma credono che sia uno di noi, e che sia un valore per tutti che lui continui ad esistere. E credono che la vita umana, di ciascuno di noi, sia un valore, un fine, e che non possa mai essere ridotta a un mezzo, assoggettabile o addirittura spendibile, sull’altare della finanza o del mercato, o della politica. È l’etica – ritengono – che deve guidare la politica, non viceversa.
Utopia, pacifismo infantile?
Assolutamente no. Anzi, un progetto in via di realizzazione. Il 15 febbraio i cittadini del mondo hanno chiesto pace, e i governanti non potranno girarsi dall’altra parte. L’arma di «distrazione» di massa si è inceppata, i cittadini hanno ricominciato a capire il senso delle parole. Prima fra tutte, «democrazia»: non sarà più permesso ai governi di dichiarare guerre a nome dei popoli. Il mondo non sarà più lo stesso, dopo il 15 febbraio.
Kabul, 16 febbraio 2003 (Lettera di Gino Strada)
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"Io mi ostino a voler fare il mio lavoro, medico e chirurgo, Mi occupo giornalmente di sanità e medicina. Se qualcuno venisse a propormi di fare il Ministro della Sanità, risponderei che il mio programma è molto semplice: faccio una sanità d'eccellenza, spendendo la metà di quello che si spende oggi, eliminando il conflitto di interesse introdotto nella mia professione dalla casta politica: il pagamento a prestazione. Il nostro sistema sanitario era uno dei migliori al mondo, la casta con la complicità dei medici, lo ha rovinato. L'interesse del medico è che la gente stia male, per fare più prestazioni. Ma nove milioni di persone non hanno più accesso alla sanità. Io eliminerei tutto questo. Ecco perché nessuno mi ha mai chiesto di fare il ministro della Sanità. A me piacerebbe in futuro aprire anche il Italia il primo ospedale di Emergency, per far rivedere agli italiani dopo 30 anni, che cos'è un ospedale, non una fottuta azienda. La sanità è uno scandalo pubblico”. (Gino Strada)
Messaggio del Movimento per la Pace: “Abbiamo un solo modo per dimostrare gratitudine a quest'uomo straordinario: moltiplicare il suo esempio con le nostre azioni quotidiane, impegnarci per la diffusione della cultura della Pace ed educare le giovani generazioni a questi valori fondanti. L’impegno per la Pace va oltre… non è solo una salita in montagna ma impegno quotidiano sul fronte di emergenza, nelle nostre comunità e ovunque siamo chiamati a operare e a testimoniare, difendere e curare i nostri Simboli di Pace, curare le ferite della nostra Madre Terra e dell’umanità sofferente in cammino, schierarci sempre dalla parte degli ultimi e degli oppressi, promuovere la cultura del disarmo e della Nonviolenza.
Ci stringiamo intorno alla figlia Cecilia e a Emergency.
Ciao Gino grande Maestro di Pace e d'umanità. Che la terra ti sia lieve”.
Movimento internazionale per la Pace e la Salvaguardia del Creato III Millennio, prov. Caserta – Campania.
Email: movimentoperlapace2@yahoo.it




 PACE SUL MILETTO ed.ne 2021. Il 14 Agosto 2021, il nostro atleta, biker e portabandiera della Pace, Antonio Alfano, salirà su Monte MIletto, la cima più alta dei Monti del Matese( 2050 mt slm), per portarvi la Bandiera della Pace, come tutti gli anni.

Anche quest'anno nel giorno della festa patronale di San Sisto è avvenuta presso l'antica cappellina di S. Sisto fuori le mura dedicata al Santo Patrono Sisto 1° papa e martire ( Via S. Sisto, Alife, Caserta) e a seguire davanti all'Albero della Pace (Via Volturno, Alife) da cui si può ammirare la cima di Monte Miletto, la consegna della "Bandiera della Pace" al nostro portabandiera atleta e biker naturalista ed escursionista del Movimento per la Pace Antonio Alfano. All’atleta alifano Alfano è stato affidato quindi il compito di portarla ed issarla su Monte Miletto, la cima più alta dei Monti del Matese(2050 mt), alla vigilia di Ferragosto e Solennità dell'Assunta in cielo, in segno di affidamento delle nostre Terre e del mondo alla PACE.
Nel corso degli anni alla salita si sono uniti ed hanno preso parte altri esperti escursionisti, fra cui il prof. Carlo Pastore, Enzo Florio, Sergio Mellucci, Gianni D’Amato, Franco Panella, Umberto Riselli, Aldo Gobbo, Concetta Moscatiello …
Sulla Bandiera come tutti gli anni sono state riportare le intenzioni annuali, da quelle locali in riferimento agli ultimi fatti accaduti (i raid vandalici a danno dei nostri simboli della Pace e della Memoria presso l’Albero della Pace in Alife), a quelle globali… A San Sisto e a Maria SS.ma Assunta in cielo, affidiamo infine tutti gli "Operatori di Pace che si prendono cura della nostra terra" e tutti "i nostri Alberi della Pace", piantumati lungo le tappe della “Fiaccola della Pace” avvenute tra gli anni 2014-2020, e riportate sul "Segnavia della Fiaccola della Pace" sito proprio accanto all'Albero della Pace di Alife.
A seguito della scomparsa di uno dei più importanti leader del Movimento pacifista italiano, è stata aggiunta una dedica speciale, quella per il grande Gino STRADA, fondatore di Emergency, pacifista e Obiettore di coscienza, che ha dato un enorme contributo alla causa della PACE attraverso Emergency, l'Opera da lui fondata insieme alla moglie Teresa Sarti, che cura tutte le vittime delle guerre e delle mine antiuomo.
Gino Strada è figlio del 68, Si presentava come "chirurgo di guerra. La sua storia, il suo impegno per "gli ultimi" discendono da lì. Strada rimarrà un punto di riferimento del pacifismo italiano. La sua intransigenza contro la guerra e contro la logica delle armi, il suo schierarsi sempre dalla parte delle vittime civili dei conflitti è il grande insegnamento che ci lascia. Ha costantemente mostrato al mondo quello che la guerra fa: uccide ferisce, distrugge. Ha sempre rifiutato la retorica odiosa della "guerra umanitaria" o dell'accettazione passiva di fronte all'umana sofferenza dei popoli afghani e lontani. Lungo i suoi interventi chiudeva sempre con una frase che sintetizza il suo credo: "La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire" ( di Albert Einstein). Alla consegna del “Right Livelihood Award 2015”, il “premio Nobel alternativo” concludeva con questa frase: “Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future”.
L’eredità di Gino Strada, un “Artigiano” per la Pace, una voce libera.
Nei momenti bui della nostra storia ha saputo rappresentare la voce fuori dal coro, la voce coerente e libera che sapeva pronunciare parole di verità. Alle guerre, anche a quelle cosiddette "umanitarie", ha detto no, e ha avuto ragione. Il pacifismo deve molto alla sua intransigenza. Di questi tempi si sente spesso discorrere di «scontro di civiltà», e credo che ciò sia vero. Non nel senso che due mondi e due culture, quelli occidentali e quelli islamici, siano entrati in rotta di collisione: questo è del tutto falso. Ad essere in crisi è, piuttosto, l’idea stessa di «civiltà», o meglio la nostra idea di civiltà. È come se, in una nuova Macondo, non riconoscessimo più i principî, i concetti, perfino le parole. L’occupazione militare di un paese sovrano diventa missione di «peace-keeping», l’assassinio di cinquemila civili afgani sotto le bombe – ero in Afghanistan in quel periodo – si trasforma in «guerra al terrorismo». Cinquemila esseri umani spariti nel nulla, «effetti collaterali», cavie da laboratorio. Non ci deve sorprendere il disagio che proviamo, né la nostra spaventosa capacità di digerire ogni orrore della guerra. È frutto di una prolungata e puntuale opera di condizionamento dei nostri cervelli, una ferita prodotta da «un’arma» nuova e micidiale: l’informazione. Un’arma di «distrazione» di massa.
Il mio mestiere di chirurgo mi ha portato a vivere in mezzo alle guerre negli ultimi 15 anni, in Africa, in Asia, in America latina, perfino nella nostra Europa. Forse questo mi rende refrattario alla manipolazione, almeno sulla guerra. Perché quella che ho visto in molti paesi non c’entra niente con la favola che ho sentito raccontare da giornali e televisioni: la guerra che ristabilisce diritti umani, la guerra che porta la pace, la guerra che libera le donne. Non ci sono, non esistono. Non c’è guerra umanitaria, non può esserci uccisione degli uomini in nome dell’uomo. Facciamo la guerra? A chi? La guerra si fa al nemico, lo si colpisce il più duro possibile. Ho visto il nemico sconfitto, annientato. Bambini fatti a pezzi dalle bombe e dalle mine antiuomo, o lasciati spegnere da malattie diventate incurabili per l’embargo alle medicine. Loro sono stati colpiti, loro sono stati il nostro nemico. Per qualcuno di noi – cittadini del nostro stesso pianeta – sono solo «effetti», non esseri umani. Mi spaventa solo lo scriverlo. Il nemico «ufficiale» invece, quello che non abbiamo colpito, è sempre lì. È il mostro, o il mostro di turno, il feroce dittatore che chiamavamo presidente finché eravamo noi ad armarlo. Nell’ultima metà del secolo scorso abbiamo assistito a un rito macabro: in tutti i conflitti decisi da politici e generali, su dieci morti, nove sono stati civili. Un dato statistico inoppugnabile. Che orrendo gioco è questo? Perché molti nostri «governanti» ci stanno mentendo, e ci propongono la guerra per difendere «la nostra sicurezza»? La sicurezza di noi tutti, cittadini del pianeta, dipende invece – lo sappiamo benissimo – dalla nostra capacità di mettere al bando la guerra, di farla sparire dalla faccia della Terra, di lottare contro la guerra con forza, come stiamo facendo per vincere il cancro. È un compito difficile ma improrogabile che spetta a noi, donne e uomini di questo inizio di millennio. Dobbiamo riuscirci, e in tempi brevi, perché le armi di distruzione di massa, anche quelle progettate «per la nostra sicurezza», rischiano di distruggerci e di consegnare un mondo inospitale alle generazioni future. Come siamo potuti arrivare fin qui? Se centinaia di milioni di noi muoiono ogni anno di fame e di guerra, di malattia e di povertà, se siamo arrivati al punto che la guerra – che le famiglie europee hanno ben conosciuto – ci viene offerta come condizione normale di vita, ciò è potuto accadere solo perché nel mondo c’è poca democrazia, molto poca. Certo è responsabilità di molti, a cominciare da chi non si è mai preoccupato di quel che gli succedeva intorno. Mancanza di partecipazione, disinteresse alla politica. Non ci siamo preoccupati che la politica del paese militarmente più forte fosse decisa da elezioni finanziate per tre miliardi di dollari dalle varie «corporation», e le corporation hanno fatto il loro lavoro. Ciascuna lobby ci ha indicato il «suo» politico, non il nostro. Ci presentano due candidati, entrambi loro, e noi scegliamo. O meglio, come è successo nelle ultime elezioni Usa, il 30 per cento della popolazione sceglie e alla fine la Corte Suprema dichiara il vincitore senza passare per la conta dei voti. Se davvero chi governa esprimesse, rappresentasse il volere del popolo, l’Europa non sarebbe lacerata com’è. I popoli dell’Europa, la grande maggioranza dei cittadini europei, non vogliono la guerra all’Iraq. Anzi, non vogliono più nessuna guerra: la ritengono una barbarie, contraria all’etica e alla ragione umana.
Eppure alcuni governanti non considerano affatto l’opinione dei loro governati – tantomeno si sognano di indire consultazioni popolari – e vogliono portare il paese in guerra contro la volontà dei cittadini. Magari violando, come è già successo in Italia ad opera di governi di centro-sinistra e di centro-destra, la stessa Costituzione. In occasione della guerra all’Afghanistan, il 92 per cento del parlamento italiano ha votato per la guerra, cioè contro la Costituzione del proprio paese. Un esempio che ben chiarisce quanto grande sia il bisogno di democrazia, soprattutto di questi tempi. Gli Stati Uniti sono lì a dimostrare quanto la democrazia faccia a pugni con la guerra, quanto sia incompatibile. I cittadini di quel paese stanno pagando un prezzo enorme: possono venire arrestati, interrogati con le moderne tecnologie, perfino giustiziati, senza passare da un tribunale, senza diritto a una difesa. È la nuova legge, che seppellisce la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Quant’altra democrazia ha già macinato nel mondo il bellicismo della giunta petrolifera al potere negli Usa? Diritto internazionale, accordo di Kyoto, Corte penale, Convenzioni di Ginevra, autonomia delle Nazioni Unite… Io mi sento solidale con il popolo statunitense, e sono contrario a quel «governo», il loro, che annienta persino la libertà dei propri cittadini, che agisce «contro il suo stesso popolo». E credo che essere contrari alla politica di George Bush e dei suoi amici sia un imperativo morale per tutte le persone per bene che abitano il pianeta. Perché la politica in quel paese – e non solo in quello, ahimè – è stata usurpata da lobby pronte «a colpire» se vedranno «minacciati» i loro interessi, che spacciano per «interessi nazionali». Sono quegli interessi che oggi dettano la politica. La politica non è più cosa per cittadini, non deve più sforzarsi di migliorare la cosa pubblica e il nostro vivere associati. Oggi la politica serve gli interessi privati dei «Signori della Politica», di chi la finanzia e la controlla. Che sono anche i Signori della Guerra. Hanno scelto la guerra. Perché fa aumentare vertiginosamente i loro conti correnti, ma soprattutto perché l’uso illimitato e indiscriminato della forza è l’unico mezzo che hanno ormai a disposizione per mantenere la situazione attuale, quella che vede meno del 20 per cento degli uomini possedere più dell’80 per cento delle ricchezze del mondo. Le armi per mantenere ad ogni costo i privilegi di pochi. Un ritorno al passato, nella storia dell’uomo, altro che new economy. Questa è la vera guerra mai dichiarata: la guerra ai poveri del mondo, agli emarginati, agli sfruttati, ai deboli, ai diversi, la guerra a tutti gli «spendibili», vittime designate dei nostri consumi. In molti hanno trovato il coraggio di una ribellione morale e si rifiutano di essere complici di chi pensa, dopo averli spogliati di tutti i loro averi, di eliminare i poveri anziché la povertà. Mai come oggi il mondo è stato percorso da una voglia di cambiamento così forte, mai si erano visti tanti milioni di persone mobilitarsi per la pace. Chiedono pace. E hanno voglia di giustizia, non di Guantanamo. Hanno voglia di diritti, per tutti, magari perché nella loro umanità residua ancora riescono a sentirsi meglio se nessuno muore di fame intorno a loro, anche se a migliaia di chilometri. Hanno voglia di un mondo più umano, più giusto, più solidale, un mondo di donne e uomini «liberi ed eguali in dignità e diritti». Perché ancora credono che quell’«effetto collaterale», cui nessuno porterà un fiore né una coccarda, abbia in realtà una faccia e un nome, una storia e degli affetti. Insomma credono che sia uno di noi, e che sia un valore per tutti che lui continui ad esistere. E credono che la vita umana, di ciascuno di noi, sia un valore, un fine, e che non possa mai essere ridotta a un mezzo, assoggettabile o addirittura spendibile, sull’altare della finanza o del mercato, o della politica. È l’etica – ritengono – che deve guidare la politica, non viceversa.
Utopia, pacifismo infantile?
Assolutamente no. Anzi, un progetto in via di realizzazione. Il 15 febbraio i cittadini del mondo hanno chiesto pace, e i governanti non potranno girarsi dall’altra parte. L’arma di «distrazione» di massa si è inceppata, i cittadini hanno ricominciato a capire il senso delle parole. Prima fra tutte, «democrazia»: non sarà più permesso ai governi di dichiarare guerre a nome dei popoli. Il mondo non sarà più lo stesso, dopo il 15 febbraio.
Kabul, 16 febbraio 2003 (Lettera di Gino Strada)
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"Io mi ostino a voler fare il mio lavoro, medico e chirurgo, Mi occupo giornalmente di sanità e medicina. Se qualcuno venisse a propormi di fare il Ministro della Sanità, risponderei che il mio programma è molto semplice: faccio una sanità d'eccellenza, spendendo la metà di quello che si spende oggi, eliminando il conflitto di interesse introdotto nella mia professione dalla casta politica: il pagamento a prestazione. Il nostro sistema sanitario era uno dei migliori al mondo, la casta con la complicità dei medici, lo ha rovinato. L'interesse del medico è che la gente stia male, per fare più prestazioni. Ma nove milioni di persone non hanno più accesso alla sanità. Io eliminerei tutto questo. Ecco perché nessuno mi ha mai chiesto di fare il ministro della Sanità. A me piacerebbe in futuro aprire anche il Italia il primo ospedale di Emergency, per far rivedere agli italiani dopo 30 anni, che cos'è un ospedale, non una fottuta azienda. La sanità è uno scandalo pubblico”. (Gino Strada)
Messaggio del Movimento per la Pace: “Abbiamo un solo modo per dimostrare gratitudine a quest'uomo straordinario: moltiplicare il suo esempio con le nostre azioni quotidiane, impegnarci per la diffusione della cultura della Pace ed educare le giovani generazioni a questi valori fondanti. L’impegno per la Pace va oltre… non è solo una salita in montagna ma impegno quotidiano sul fronte di emergenza, nelle nostre comunità e ovunque siamo chiamati a operare e a testimoniare, difendere e curare i nostri Simboli di Pace, curare le ferite della nostra Madre Terra e dell’umanità sofferente in cammino, schierarci sempre dalla parte degli ultimi e degli oppressi, promuovere la cultura del disarmo e della Nonviolenza.
Ci stringiamo intorno alla figlia Cecilia e a Emergency.
Ciao Gino grande Maestro di Pace e d'umanità. Che la terra ti sia lieve”.
Movimento internazionale per la Pace e la Salvaguardie del Creato III Millennio, prov. Caserta – Campania.

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