lunedì 28 gennaio 2013

Commento alle letture: III DOMENICA DEL T.O. -C- (27-01-2013) a cura di P. Luigi Consonni, missionario Comboniano

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    Commento alle letture: III DOMENICA DEL T.O. -C- (27-01-2013)

    In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
    Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
    Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
    1a lettura (Ne 8,2-4.5-6.8-10)
    Il popolo d’Israele, ritornando al proprio paese dopo la liberazione dall’esilio di Babilonia, accoglie in Esedra la persona che “portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere”. Riscattare la Legge è riprendere il cammino dell’Alleanza e iniziare una nuova vita, facendo tesoro delle esperienze positive e negative del passato.
    Esdra, sacerdote e scriba, con i leviti che ammaestravano il popolo, “lesse il libro (…) dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno”. Il popolo è convocato in un momento specifico e per un tempo prolungato. Sono due indicazioni importanti per chi si propone di fornire la corretta comprensione e, conseguentemente, stabilire la conveniente condotta di vita che sia in sintonia con la volontà di Dio, il cui riferimento importante - non unico - è la parola scritta nel libro della Legge.
    La lettura è ascoltata con attenzione e cuore aperto. La convocazione è un momento di formazione e nessuno deve svalorizzarlo, rimanere disattento o indifferente all’istruzione. Infatti, sono convocati uomini e donne “che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge”.
    E i leviti “leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura”. Fra parentesi, si possono cogliere gli elementi del corretto svolgimento della celebrazione liturgica, relativamente alla Parola, nei nostri giorni.
    “Esdra aprì il libro alla presenza di tutto il popolo (…), come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi”. Si tratta di un gesto che manifesta rispetto e riconoscenza per stare alla presenza di Dio ed esprime la disponibilità ad accogliere e compiere la sua volontà.
    “Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: ‘Amen, amen’, alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinnanzi al Signore”. Esdra e il popolo manifestano la loro fiduciosa adesione. Il primo ringrazia il Signore per la sua manifestazione, per aver eletto il suo popolo e per aver stabilito, con esso,l’alleanza. Il popolo, che ascolta con attenzione e devotamente la lettura della Legge, risponde con l’assenso non solo intellettuale o conoscitivo ma esistenziale e comportamentale, identificandosi nella parola e facendo propria la Legge: tale è il significato dell’ amen e della prostrazione.
    È un’esperienza particolarmente intensa e decisiva per il futuro e manifestazione, da un lato, di aver intuito e compreso l’apertura di orizzonti inediti, attrattivi e indicativi di grande importanza, e, dall’altro, di aver preso coscienza della mediocrità sperimentata per aver vissuto slegati o in avversione alla legge. “Infatti, tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge”. Può trattarsi anche di un insieme di gioia e pentimento, perché la circostanza è comparabile all’esperienza di morte e risurrezione.
    Il governatore Neemìa ed Esdra esaltarono l’evento facendo di questo momento “giorno consacrato al Signore vostro Dio”, giorno santo, diverso e separato da tutti gli altri e, pertanto, il governatore ordina al popolo: “Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno preparato, perché questo è giorno consacrato al Signore nostro”. E aggiunge: “non fate lutto e non piangete! (…) non vi rattristare, perché la gioia del Signore è la vostra forza”.
    È un momento di gioia, di festa condivisa, senza l’esclusione di nessuno di coloro “che nulla hanno di preparato” perché poveri e indigenti (questo dettaglio è molto significativo). Anche il fatto che l’adesione del popolo sia condizione essenziale per ristabilire l’alleanza e reintegrarsi come popolo eletto, costituisce la gioia del Signore; e, quest’ultima, è sostegno e forza per affrontare il futuro con successo, in ordine all’edificazione del regno che costituisce la finalità dell’alleanza.
    Mantenere intelligenza e cuore aperto alla Parola, permette di entrare nel processo di rielaborazione, con soddisfazione e prospettiva di successo, dei criteri e comportamenti in una società che è in continua evoluzione, per l’irrompere di elementi, situazioni nuove ed impreviste, al fine di stabilire un ordine sociale rispondente alle caratteristiche del regno di Dio.
    È quello che viene trattato nella seconda lettura.
    Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra.
    2a lettura (1Cor 12,12-30 (forma breve))
    “Fratelli, come il corpo è uno solo (...), così anche il Cristo”. Ecco il riferimento centrale, l’asse attorno al quale si muove tutta l’argomentazione del testo. Esso costituisce anche il punto di verifica della bontà dell’agire cristiano riguardo al regno di Dio presente nella realtà umana, ossia, il farsi dell’unità nelle molteplici diversità che compongono il vissuto umano.
    Continuando con la comparazione del corpo Paolo specifica che “ ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo”. L’unità è data da un qualcosa “ totalmente altro” dalle singole membra, individuato come corpo, la cui finalità è dare senso, efficacia e utilità a tutte le membra, ossia, alle innumerevoli diversità.
    La causa che dà consistenza e attività al “tutto” di tale sistema è la forza vitale che tocca ciascun membro e tutti gli elementi del corpo. Essa si manifesta nella buona salute, nell’armonia, nell’attività, nel senso di crescita e realizzazione personale, intrinsecamente legata alla crescita e realizzazione di altri corpi (persone), dell’ambiente, della natura e della creazione intera. Infatti, coinvolge tutto e tutti, in quella che possiamo indicare la dinamica dell’amore come insegnata Gesù Cristo.
    Tale forza vitale, dal punto di vista della bibbia, è lo Spirito Santo: “Infatti, noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo”. In altre parole siamo stati immersi in una realtà che ci riempie e avvolge, come il pesce nell’oceano, in modo tale che, rispettando la diversità di ogni singola persona, tutte partecipano di questo elemento vitale e trovano in esso le condizioni per svilupparsi e crescere in comunione con altre diversità e, in sintonia, con quello che gli appartiene di specifico.
    Ciò è dovuto al fatto che Dio, assumendo la condizione umana nella persona di Gesù, per mezzo dello stesso, ossia, con il suo insegnamento, comportamento e con la consegna di se stesso, ha rivelato, a chi confida in Lui, il processo e le condizioni affinché ciò si realizzi a favore di tutti, indistintamente. Infatti, lo Spirito, cui Paolo fa riferimento, è anche, allo stesso tempo, lo Spirito di Cristo.
    È a questa realtà d’insieme che il cristiano deve fare riferimento perché fa parte del patrimonio della propria fede in Gesù Cristo, in virtù della quale percepire che sono abbattute tutte le barriere e integriamo uno stesso corpo: “Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito”.
    Si tratta di un’impostazione e considerazione rivoluzionaria e audacissima di Paolo, considerando i tempi di allora, che gli costerà non poche tribolazioni nell’ambito dei credenti. D’altro lato, la stessa considerazione vale anche oggi, vista l’enorme difficoltà di andare oltre le differenze di razza, di cultura, di religione, di condizione sociale, eccetera, in spirito di fraternità, solidarietà e comunione; tutto ciò a causa della tenace e persistente cultura individualista che esalta la persona di successo, nella misura in cui si arriva ad affermare: “Non ha bisogno di te (…), non ho bisogno di voi” e rende un elogio eccessivo e spregiudicato della propria autosufficienza.
    In tal modo si perde di vista questa importante indicazione:“Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto”. Non è la casualità né un capriccio che Dio abbia creato le diversità e le differenze, ma esse rispondono alla sua volontà di portare la persona e l’umanità alla pienezza dell’esperienza dell’amore, come partecipazione della sua stessa realtà.
    Il sentimento di appartenenza all’umanità considerata come il vivere in un solo corpo non è di secondaria importanza, ma è necessario per un vissuto personale soddisfacente e pienamente realizzato; ad esso si accompagna il senso di responsabilità, che si rivela nel farsi carico, in modo etico, del processo di crescita generale e nell’uso dei mezzi adeguati per conseguirlo. Seguendo questi principi, la pratica politica assumerebbe la dimensione della carità.
    È proprio quel che Gesù ha fatto, e la pagina del vangelo ne è la conferma.
    Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
    In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
    Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
    Vangelo (Lc 1.1-4. 14-21)
    Luca scrive a Teofilo motivando lo scritto “in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto”. Teofilo potrà verificare la bontà e la consistenza della pratica evangelica che la comunità gli ha trasmesso. Insegnamento e pratica camminano assieme: la Parola slegata dalla pratica è inefficace e resta solo in un’informazione; e la pratica, non vagliata e illuminata dalla Parola, rimane semplicemente circoscritta, nel migliore dei casi, al corretto comportamento etico, ma non apre la persona alla profonda e affascinate percezione del mistero di Dio che essa contiene. La solidità del mistero è l’amore, che si è manifestato e realizzato in Gesù Cristo.
    Data la premessa, il testo di oggi presenta l’inizio dell’attività pastorale di Gesù, dopo la forte esperienza nello Spirito Santo connessa al battesimo nel Giordano e, soprattutto, alle tentazioni del deserto che costituiscono, a mio avviso, la chiave interpretativa della sua esperienza.
    Infatti, “Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito”. Nel battesimo lo Spirito e il Padre approvarono la sua solidarietà con i peccatori, per cui la missione sarà in sintonia con i quattro cantici del Servo del profeta Isaia. “ Potenza dello Spirito” per la sua vittoria sulle tentazioni nel deserto, quando ebbe lucidità, coraggio e forza d’animo riguardo al come svolgere la missione che si apprestava a compiere. In questo senso Gesù potrà ben dire, riprendendo le parole del profeta Isaia, “Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione (…)”, costituendolo Messia.
    Le stesse parole rendono evidente il contenuto della missione “(…) e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio , a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”.
    Il testo rileva che “nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui”, data l’audacia di non completare con la citazione del profeta ben conosciuta “il giorno di vendetta del nostro Dio”. Quest’ultimo aspetto era parte integrante dell’annuncio di Giovanni Battista.
    L’averla omessa indica che la missione consisterà nel reintegrare quelli che, nella mentalità comune, sostenuta dalla teologia degli scribi, erano esclusi. Perciò sarebbe stata un’opportunità di redenzione dei peccatori, un motivo di speranza per i disillusi e demotivati, affinché tutti, indistintamente, possano avere accesso alla vita in abbondanza.
    Ma il motivo dello scandalo - il colpo forte - è costituito dalle parole “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”. Particolarmente irritante è il riferimento all’“oggi”. Infatti, se avesse detto: “in quel giorno, alla fine dei tempi” sarebbe stato accettabile, ma dire “oggi” era troppo! Alle loro orecchie era una bestemmia, e per alcuni era fuori di senno, un pazzo. L’impatto motiverà la reazione dell’assemblea con pericolo per la stessa vita di Gesù.
    In effetti, nella sinagoga, si chiedono come può, lui, scacciare oggi i Romani dal territorio d’Israele? Come separerà il grano della zizzania? Come instaurerà il nuovo regno, riscattando lo splendore dei tempi di Davide e Salomone, ecc.?. Si tratta di una serie di domande che sorgono dalle loro aspettative nell’avvento del Messia e nel compimento della sua missione.
    In effetti quanto detto da Gesù non rispondeva a nessuna di queste attese, così come si erano consolidate nella tradizione; anche oggi, iniziare una missione secondo le modalità annunziate, in quel momento da Gesù, mettendo da parte, per prima cosa, tutti i riferimenti alla tradizione sarebbe considerata una pazzia. Ma Gesù insisterà questa strada e su questo metodo, pur specificando che non è venuto per annullare, ma per portare la Legge a compimento. Ma non è stato creduto, anzi..
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