giovedì 17 aprile 2014

Triduo PASQUALE, Riflettiamo con le parole di don Tonino Bello: La chiesa del grembiule significa servizio, ascolto, Pace. Lavarsi i piedi gli uni gli altri significa recuperare il valore della reciprocità.

chiesa grembiuleLa chiesa del grembiule (servizio). La Lavanda dei piedi “GLI UNI I PIEDI DEGLI ALTRI” (di don Tonino Bello Vescovo)

"Il rito della lavanda dei piedi, celebrato il giovedì santo, ci metta nell’ animo una voglia struggente di servizio, di accoglienza, di ascolto e di Pace. Verso tutti. A partire dai più vicini. E ci mandi in crisi, più che mandarci in estasi. Perché, visto che siamo così lenti a convertirci, quella brocca è esposta al sacrilegio non meno della stessa eucaristia".

Prima dei poveri che stazionano fuori del cenacolo ci sono coloro che condividono la casa e la Parola

Carissimi, ve lo confesso: è stata una sorpresa anche per me. Non avevo mai dato troppo peso a quella espressione pronunciata da Gesù dopo che ebbe finito di lavare i piedi ai discepoli:”Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”.

 Gli uni gli altri. A vicenda, cioè, scambievolmente. Questo vuol dire che la prima attenzione, non tanto in ordine di tempo quanto in ordine di logica, dobbiamo esprimerla all’ interno della nostra Chiesa, servendo i fratelli e lasciandoci servire da loro.

Don-Tonino-Bello-SamaritanoRECUPERARE IL VALORE DELLA RECIPROCITA’

Spendersi per i poveri va bene. Abilitarsi come comunità cristiana a lavare i piedi di coloro che sono esclusi da ogni sistema di sicurezza e che sono emarginati da tutti i banchetti della vita, va meglio. Ma prima ancora dei marocchini, degli handicappati, dei barboni, degli oppressi, ci sono coloro che condividono con noi la casa, la mensa, il tempio, la Parola. Solo quando hanno asciugato le caviglie dei fratelli, le nostre mani potranno fare miracoli sui polpacci degli altri senza graffiarli.

Della lavanda dei piedi dobbiamo recuperare il valore della reciprocità perché con quella frase gli uni gli altri, siamo chiamati a concludere che brocca, catino e asciugatoio vanno adoperati all’interno del cenacolo. Non vanno collocati fuori dalla chiesa, quasi per essere offerti come ferri del mestiere a coloro che, terminate le loro liturgie, escono nel mondo.

Non c’è un’eucaristia dentro e una lavanda dei piedi fuori perché l’una e l’altra sono operazioni complementari da esprimere, ambedue, negli spazi dove i discepoli di Cristo si radunano e vivono.

Fuori, semmai, c’è da portare la logica di quei doni: frutti che maturano in pienezza solo al calore della serra evangelica.

In conclusione, brocca, catino e asciugatoio devono diventare arredi da sistemare al centro di ogni esperienza di Chiesa, con la speranza che non rimangano suppellettili semplicemente ornamentali.

Che cosa significa tutto questo per noi?

Che, ad esempio, un sacerdote difficilmente potrà essere portatore di annunci credibili se, nell’ambito del presbiterio, non è disposto a lavare i piedi di tutti gli altri, e a lasciarsi lavare i suoi da ognuno dei confratelli. E’ l’intero presbiterio che manca di credibilità, se nel suo grembo serpeggia il rifiuto, o il riserbo sdegnoso, o il fastidio, a tal punto che i piedi di ognuno se li deve lavare per conto suo.

La logica della lavanda dei piedi è eversiva, anzi grida all’ipocrisia quando, in una associazione ecclesiale lacerata dalle rissa e dilaniata dalle rivalità, pretende di organizzare il pediluvio alla gente. Il servizio agli ultimi che stanno fuori non purifica nessuno, quando si salta il passaggio obbligato del servizio a coloro che stanno dentro.

Gli uni gli altri

lavanda piediA partire dalla Chiesa, al cui interno, stando almeno alle resistenze di Pietro registrate dal Vangelo, i piedi, pare che sia più facile lavarli che lasciarseli lavare. Forse per pudore, forse per paura di dover ammettere i propri limiti o perché si sospetta che l’altro, più che la lavanda dei piedi, voglia farti una lavata di testa.

Gli uni gli altri

A partire dalla Chiesa per finire alle famiglie. Che non si possono dire cristiane se non assumono la logica della reciprocità. Perché se il marito smania di lavare i piedi ai tossici, la moglie si vanta di servire gli anziani e la figlia maggiore fa ferro e fuoco per andare nel Terzo Mondo come volontaria, ma poi tutti e tre non si guardano in faccia quando stanno in casa, la loro è soltanto una contro testimonianza penosa. Che danneggia perfino i destinatari di un servizio apparentemente così generoso. Il rito della lavanda dei piedi, celebrato il giovedì santo, ci metta nell’ animo una voglia struggente di servizio, di accoglienza, di ascolto e di pace. Verso tutti. A partire dai più vicini. E ci mandi in crisi, più che mandarci in estasi. Perché, visto che siamo così lenti a convertirci, quella brocca è esposta al sacrilegio non meno della stessa eucaristia.

(19 marzo 1989) don Tonino Bello, vescovo e profeta di Pace.


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