mercoledì 20 giugno 2012

Impegno missionario: "Condivisione " ( di Andrea Braggio)


 di Andrea Braggio (Segnalato dal sito Amico della Pace: http://www.ventochemuove.it/)

Nel supermercato totale della nostra società di oggi siamo anzitutto dei consumatori, destinatari di sofisticate strategie volte a ottenere sempre nuovi acquisti. Bombardati di tutto non godiamo più di niente. Ogni cosa risulta spersonalizzata, uguale e ripetitiva. Quello attuale è un sistema che si regge sullo spreco, sull’usa e getta, sulla banalizzazione degli oggetti che possediamo. Esso ha prodotto un saccheggio tale delle risorse del globo che i danni sembrano già irreversibili.
Il consumismo va battuto sul piano delle scelte personali e delle proiezioni utopiche. Poter vivere senza tante sciocche pubblicità, senza cumuli di rifiuti dappertutto, senza l’ossessione delle mode, non può essere considerato un pio desiderio ma una necessità vitale in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo.
È venuto il momento di valutare bene che cosa serve davvero per condurre una vita decorosa e decente, adeguando le abitudini di consumo alla capacità della terra di riciclare e rigenerare il proprio patrimonio di risorse. Ancora più importante è rompere gli schemi del passato che tengono l’uomo in schiavitù e affermare con forza la cooperazione, senza la quale non si costruisce. Occorrono giovani con grandi ideali, che sappiano volare alto, acuti come aquile sulla vetta, pronti ad amare, creare e lottare per la ricostruzione di una società più unita e giusta rispetto a quella concepita dai loro padri.
Perché l’uomo non apre gli occhi? Perché non si rende conto che occorre una diversa visione della vita capace di rileggere la realtà da prospettive nuove e di sostituire i cardini di una cultura incentrata sull’interesse, sulla competitività, sulla mercificazione e sul consumo con le dimensioni più profonde e non monetizzabili della nostra umanità? Come possiamo rassegnarci a vedere l’uomo vivere come homo homini lupus?
La verità è che ci siamo tutti quanti autocondannati a forme di egoismo e di individualismo così forti da apparire insuperabili. Progressivamente indeboliti, ci siamo lasciati “educare” da un sistema economico basato sull’azzardo morale, sull’irresponsabilità del capitale e sul debito che genera debito; un sistema che spaccia come equivalenti l’economia virtuale della finanza e quella reale del lavoro e della produzione favorendo le speculazioni più vergognose; un sistema cinico per il quale tutto ha un prezzo, che sta facendo morire il pianeta e che determinerà presto un vero e proprio tracollo finanziario su scala globale.
Il primato dell’apparire e del possedere, quale è espresso in una cultura dell’effimero e dell’avidità, ha oscurato progressivamente il primato dell’essere e della condivisione. Un numero elevato di persone fatica ancora a comprendere la necessità di abbandonare ogni rapporto con la natura basato sulla strumentalità e sullo sfruttamento delle risorse per il proprio presunto benessere, così come fatica a vedere il futuro in modo alternativo rispetto ai rapporti basati sul potere, sulla competizione e sulla volontà di prevalere sul prossimo.
Nel corso della storia non sono però mai mancati uomini e donne capaci di uscire dai ranghi della marcia comune, dagli standard e dagli stili di vita della maggioranza; uomini e donne coraggiosi che hanno messo la loro vita a servizio degli altri inaugurando sentieri nuovi. Pur nella loro eterogeneità, oggi questi sentieri puntano alla cooperazione e all’unità, a un nuovo modo di pensare e agire che conduce alla condivisione dei beni del mondo e all’edificazione di una convivenza solidale e pacifica. Nell’oggi della globalizzazione e nel villaggio globale del nostro mondo, ci esortano a intravedere l’ineluttabilità di appartenere a una sola umanità, che si tiene nella misura in cui maggiori e più forti sono i vincoli di solidarietà e vicinanza.
Anche il Cristo invita a guardare diversamente le vicende del mondo e degli uomini, a riscoprire che l’altro da me non limita la mia libertà e il mio tendere alla felicità, ma al contrario dà un senso al mio vivere e abitare il mondo. Il Maestro ha inaugurato una prassi di condivisione che i Suoi discepoli sono chiamati a ripetere con coerente testimonianza. Il cuore stesso del messaggio evangelico è «condividere».

Oggi siamo abbastanza diffusamente convinti che il mondo cambierà radicalmente, ma non percepiamo altrettanto diffusamente che il cambiamento è già cominciato. Fra tutti, i giovani sono più consapevoli di questo. Essi non si identificano in modelli obsoleti che le generazioni più vecchie vorrebbero loro imporre e saranno più pronti a rispondere positivamente al nuovo che avanza.
Anche se immagino un futuro non lontano di pace e unità, resto dell’idea che tanti si apriranno all’idea di condividere solo dopo aver attraversato momenti di grande sofferenza, come quelli verso cui stiamo andando incontro.
Assisteremo presto a un peggioramento delle condizioni di vita in Italia, come nel resto d’Europa. La crisi attuale non farà che acuirsi e un ampio numero di individui si sentirà sempre più disorientato, insicuro e vulnerabile. Sempre più persone si sentiranno frustrate e senza protezione, soffriranno di una perdita di direzione, di una mancanza di orientamento, di partecipazione nelle decisioni e di risposte reali ai loro problemi reali. Ritengo però che è spesso nei momenti drammatici che diveniamo più consapevoli di racchiudere in noi possibilità più grandi di quelle che ci sembra di avere. Nonostante la grande sofferenza provata, i recenti disastri avvenuti in Emilia hanno per esempio fatto emergere quanto possano essere grandi la cooperazione, l’aiuto reciproco, la generosità e la condivisione.
Perché l’uomo tira però fuori la parte migliore di se stesso facendo della propria vita qualcosa che vale quasi sempre nel bel mezzo di catastrofi o grandi sofferenze? Perché prende atto di quanto sia fondamentale la condivisione solo nei momenti più dolorosi della storia, quando invece essa rappresenta il futuro stesso dell’umanità?
È venuto il momento di gettare le basi di un nuovo modo di pensare e di agire. Abituiamoci pertanto a vivere costruendo relazioni di qualità umana all’insegna della gratuità e della cooperazione con persone di ogni nazionalità, religione o provenienza sociale. L’amore cristiano si estende a tutti, senza discriminazioni razziali, sociali e religiose, senza prospettive di guadagno o di gratitudine. Non dimentichiamo che nella condivisione trova espressione quell’amore fraterno che è lo specifico del messaggio del Cristo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 34-35). 


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