A cura dell' autorevole giornalista Tilde Maisto, Amica della nostra associazione del "Movimento per la Pace"
"Ho ricevuto in dono questo libro dalla instancabile e brillante Agnese Ginocchio, cantautrice, attivista e Testimonial per la Pace, con una dedica bella e particolare: – Alla carissima giornalista Tilde Maisto. Ti auguro di poterti esprimere sempre, parlare e scrivere, riflettere e pensare con la stessa intensità di questa
‘Forza’ che tutto crea e rinnova: la Pace. Nel segno di Don Tonino, con affetto, stima e Pace Agnese -
‘Forza’ che tutto crea e rinnova: la Pace. Nel segno di Don Tonino, con affetto, stima e Pace Agnese -
Ho, quindi, iniziato a leggere il libro e sin dal primo paragrafo le parole di Don Tonino Bello, mi hanno colpita facendomi riflettere, ma dandomi anche un’infinita gioia e serenità." (Tilde Maisto, giornalista)
Don Tonino dice: OSARE LA PACE – UN IMPEGNO DI VITA (Prima intervista in occasione della nomina a presidente nazionale di Pax Christi):
Osare la pace: con chi? Chi sono, oggi, i soggetti storici della pace?
Tempo fa, al termine di un lungo pellegrinaggio a piedi, che io stesso avevo guidato verso un santuario mariano, dissi che il pellegrinaggio più faticoso era quello che porta l’uomo, dalla periferia, al centro del proprio cuore. Il più lungo, quello che conduce alla casa di fronte, sullo stesso pianerottolo. Il più serio, quello che porta all’incontro con Dio. Riconciliarsi con se stessi, con il fratello vicino, con Dio: mi sembra la prefazione indispensabile del libro sulla pace, che ogni uomo di buona volontà oggi inesorabilmente deve scrivere con la propria vita.
Osare è un verbo audace. E’ più che attendere. E’ più che sperare. Quali azioni, quali dinamismi suscitare nella nostra vita per farci autentici costruttori e testimoni di pace?
Vorrei rispondere con i versi di Carlo Betocchi:
Ciò che occorre è un uomo
non occorre la saggezza.
Ciò che occorre è un uomo,
in spirito e verità.
Non un paese, non le cose,
Ciò che occorre è un uomo
un passo sicuro, e tanto salda
la mano che porge, che tutti
possono afferrarla e camminare
liberi, e salvarsi.
Più in particolare, che importanza attribuisce, nella ricerca e nella promozione della pace, alle obiezioni di coscienza: civile, fiscale, professionale?
L’obiezione di coscienza è un segno stradale. Indica, cioè, in modo paradossale e con alcune inversioni di marcia, la presenza di un valore che, correndo senza intoppi sulle strade a scorrimento veloce del sistema, si rischia di dimenticare, anzi addirittura di vilipendere: la pace.
Secondo me, l’obiezione di coscienza è un “carisma”, una “profezia” che, però, pur collocandosi prevalentemente sul versante della protesta, non vuole demonizzare le scelte contrarie. Anche la verginità consacrata è un segno profetico, ma non demonizza la scelta matrimoniale. Mi spiego. L’obiettore che fa il servizio civile non giudica il coetaneo che sta in caserma, nè si ritiene più bravo di lui. Il gesto di chi fa l’obiezione fiscale non suona condanna per chi paga regolarmente le tasse prescritte. E’, però, un gesto profetico che indica gli spazi sicuri, e direi unici, dove fiorisce la speranza di un mondo diverso.
Qui in Italia, il movimento pacifista si va anche caratterizzando, specie al Sud, come rifiuto antimilitarista: non soltanto nei confronti di ciò che la caserma è e rappresenta, ma soprattutto per la sempre più massiccia militarizzazione del territorio. Non le pare che la sfera militare assorba risorse economiche e umane che potrebbero invece essere impiegate a scopi di promozione umana?
E’ una vergogna rimanere impassibili di fronte alla considerazione che, con la spesa necessaria per costruire un caccia a reazione da guerra, si potrebbero aprire 40.000 farmacie nel Terzo Mondo. Come pure è una vergogna nazionale che l’Italia, con una mano, aiuti i paesi sottosviluppati mediante sovvenzioni, collette, stanziamenti pubblici, pacchi Unicef… e, con l’altra, esporti, negli stessi paesi, aerei Tornado e carri armati. E’ una vergogna che non venga presa in seria considerazione la protesta dei contadini e dei poveri della nostra Murgia che dalla logica della guerra un tempo venivano espropriati dei loro figli, e oggi vengono espropriati della loro madre: la terra.
Dice un Salmo: “Pace e giustizia si baceranno” (Sal 85,11). E il profeta Isaia: “La pace sarà esito della giustizia” (Is 32,17). C’è dunque un rapporto stretto tra pacifismo e impegno per una società giusta?
Tra le scoperte più belle che la coscienza pubblica oggi sta facendo c’è proprio quella dell’intima connessione tra pace e giustizia. La guerra non è che la febbre rivelatrice di un malessere profondo dell’organismo. La febbre, la si può temporaneamente far calare con i farmaci. Ma se non si aggredisce il malessere in radice, se non si eliminano cioè le situazioni profonde di ingiustizia e di squilibrio sepolte nell’organismo, il mondo continuerà a battere i denti in preda al delirio. Brecht diceva che è ancora fecondo il grembo da cui nasce la guerra. Ebbene, non basta far abortire il mostro. Occorre togliere l’utero. E’ l’unica violenza permessa a un pacifista.
(Intervista a cura di R. Brucoli, 3 novembre 1985)
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