mercoledì 27 dicembre 2017

Missione in Niger, non mitraglie, ma pompe d’acqua

Quanti di noi sanno indicare con certezza su un mappamondo dove si trova il Niger? Chissà come se la cavano nei diversi ministeri. Chissà se i compari di Gentiloni sanno che la maggior parte dei rifugiati e dei migranti che vivono in quel paese, il cui territorio è composto per due terzi dal deserto,
non vogliono mettersi in viaggio per raggiungere l’Europa, ma aspettano che torni la pace nei propri villaggi per tornarsene a casa in Mali o in Nigeria. Chissà se sono a conoscenza della presenza dei contingenti francesi, statunitensi e tedeschi, i francesi sono da quelle parti dal 1961… Chissà se sanno che a Niamey si moltiplicano le cliniche private per l’élite mentre gli ospedali pubblici per la gente comune sono sempre più spesso luoghi di morte e di non di cura. “Non sono i soldati che dobbiamo mandare in Niger – scrive Francesco Gesualdi -, ma medici e insegnanti. Non mitraglie, ma pompe d’acqua…” di Francesco Gesualdi* 

 Alla vigilia di Natale, Paolo Gentiloni ha annunciato di voler trasferire in Niger parte del contingente italiano presente in Iraq. Ed ha dato tre motivazioni per questa scelta: consolidare il paese, sconfiggere il traffico di esseri umani, combattere il terrorismo. Tre situazioni che hanno bisogno di essere analizzate in dettaglio per capire se si tratta di vere motivazioni o di retorica. Stabilità: tutti riconoscono che in Niger, come negli altri paesi del Sahel, c’è un’assenza crescente di stato. O meglio lo stato c’è, ma non al servizio della popolazione, bensì di un’élite. Dal 1960, anno di indipendenza, il Niger ha conosciuto almeno sette regimi civili e quattro colpi di stato militari. Il potere è conteso fra esercito, politici di carriera, grandi commercianti, capi religiosi. Lo stesso Mahadou Issoufou, attuale capo di governo, è oggetto di molte critiche e se la missione italiana si prefiggesse di dare stabilità all’attuale classe politica si renderebbe complice di quella che Jean-François Bayart studioso dell’Africa sub-sahariana, chiama privatizzazione dello stato.(Fonte: Comune Info)

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