lunedì 25 gennaio 2016

40MILA BAMBINI SFRUTTATI NELLE MINIERE DEL CONGO. MORIRE DI COBALTO. SOTTO ACCUSA LE MULTINAZIONALI

Queste cose, i nostri ragazzi a partire dalla più tenera età, dovrebbero imparare a conoscere per fare la differenza, per imparare a discernere, per essere consapevoli delle proprie scelte, dei propri oggetti, per capire che tutto quel che hanno non gli è dato per scontato, ma è un dono che va custodito e rispettato. Il 10 Gennaio all'incontro davanti all'Albero della Pace, tentammo di spiegare il significato dell'infanzia rubata, dell'infanzia violata. Per far capire la differenza che passa tra i nostri bambini che sono pur sempre dei privilegiati e i 3/4 dei bambini del mondo che sono costretti alla schiavitù a causa della povertà. Già, ma noi che ci possiamo fare, si potrà dire? Ebbene, possiamo fare tanto, boicottare le multinazionali che permettono questi abusi. Oggi abbiamo intorno a noi straordinarie fonti di informazione che dovrebbero farci diventare cittadini, adulti e genitori responsabili. Innanzitutto dovremmo essere informati su questi argomenti per poter a nostra volta insegnare ed educare bene le generazioni del futuro. Il non farlo, o peggio ancora volgere lo sguardo dall'altro lato e dire: "non sono cose che mi riguardano", è il peggior atto di irresponsabilità e di indifferenza che possa esistere! Sappiate che continuare a perdere tempo volgendo la propria attenzione su argomenti futili e superficiali, non vi onora, soprattutto se andiamo a considerare che con questi comportamenti ipocriti non solo si uccide la vita di questi ultimi del mondo che rappresentano la nostra umanità, ma si contribuisce a distruggere la vita dei nostri stessi figli. I problemi del mondo prima o poi ci investiranno e ci travolgeranno tutti. Se non facciamo qualcosa ORA per impedire il proliferarsi dell'ingiustizia, domani sarà tardi, domani avremo distrutto la vita ai nostri figli. E guai a quei genitori "scellerati" che un giorno dovranno sentirsi dire dai loro figli: "TU SAPEVI QUESTO, PERCHE' NON HAI FATTO NULLA PER IMPEDIRLO? PERCHE' MI HAI DISTRUTTO IL FUTURO?" Meditate gente...meditate!!! (A. Ginocchio)

LA DENUNCIA DI AMNESTY

Morire di cobalto. Sotto accusa le multinazionali

“Passo praticamente 24 ore nei tunnel. Arrivo presto la mattina e vado via la mattina dopo. Riposo dentro i tunnel. La mia madre adottiva volevamandarmi a scuola, mio padre adottivo invece ha deciso di mandarmi nelle miniere di cobalto”. È la testimonianza
di Paul, 14 anni, uno degli 87 minatori o ex minatori incontrati da Amnesty International nella Repubblica democratica del Congo. Paul, raccontano gli inviati di Amnesty, ha iniziato a lavorare nella miniera a 12 anni. Ha già i polmoni a pezzi.
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L’Unicef stima che siano almeno 40mila i bambini sfruttati nelle miniere. “Solo nell’ultimo anno sono morti nel Sud del Congo ottanta bambiniminatori, questo mentre le aziende produttrici di apparecchi elettronici fanno profitti stimati in 125 miliardi di dollari annui e non riescono a diredove e in che condizioni di lavoro si procurano le materie prime”.
QFrançois che lavora nelle miniere di cobalto, con il figlio tredicenne Charles. Estraggono le pietre, le lavano e poi le trasportano fino alla casa di un commerciante, non lontano dalla miniera. “Come si fa a pagare la retta della scuola?”, si domanda François. “Come si fa a pagare il cibo? Dobbiamo lavorare in questo modo, perché non c’è alcun altro lavoro.Dateci un lavoro e noi ci prenderemo meglio cura dei nostri figli”. Charles la mattina va a scuola e il pomeriggio aiuta il padre.
uesta un’altra testimonianza raccolta da Amnesty in Congo. E quella di
Il rapporto di Amnesty This is what we die for (Ecco per che cosa moriamo) ricostruisce il percorso del cobalto estratto nel Congo: “Attraverso la Congo Dongfang Mining (Cdm), interamente controllata dalgigante minerario cinese Zheijang Huayou Cobalt Ltd (Huayou Cobalt), il cobalto lavorato viene venduto a tre aziende che producono batterie per smartphone e automobili: Ningbo Shanshan e Tianjin Bamo in Cina e L&F Materials in Corea del Sud. Queste ultime riforniscono le aziende che vendono prodotti elettronici e automobili. Il Congo produce quasi la metà del cobalto a livello mondiale che viene poi utilizzato per le batterie al litio”.
Amnesty International ha contattato 16 multinazionali che risultano clienti delle tre aziende asiatiche che producono batterie utilizzando il cobalto proveniente dalla Huayou Cobalt o da altri fornitori. Le multinazionale sono: Ahong, Apple, BYD, Daimler, Dell, HP, Huawei, Inventec, Lenovo, LG, Microsoft, Samsung, Sony, Vodafone, Volkswagen e ZTE.
Riccardo Noury è il portavoce di Amnesty Italia.
Che cosa hanno risposto le multinazionali alle vostre richieste di chiarimento sui fornitori di cobalto e le condizioni di lavoro?
“Delle 16 aziende interpellate da noi di Amnesty International, una ha ammesso la relazione, quattro hanno risposto che non lo sapevano, cinque hanno negato di usare cobalto della Huayou Cobalt, due hanno respinto ogni evidenza di rifornirsi di cobalto della Repubblica Democratica del Congo e le altre hanno promesso indagini”.
E Apple?
“In particolare Apple ha risposto che l’azienda sta in questo periodo valutando da quali fonti arriva il cobalto usato nei suoi prodotti. Però LG Chem, fornitore di Apple, ha confermato che acquista cobalto dalla Tianjin Lishen. e che avrebbe indagato sulle denunce di Amnesty International”.
E Microsoft?
“Microsoft ha dichiarato di non essere in grado di andare a ritroso lungo la filiera e dunque di poter dire con assoluta certezza se il cobalto sia o meno frutto di lavoro minorile. Vodafone ha detto di non sapere se il cobalto che usa provenga o meno dalla Repubblica Democratica del Congo, poi ha smentito di avere Tianjin Lishen come fornitore, sul cui sito invece Vodafone è citata tra i clienti. Samsung sostiene che il cobalto dei prodotti che le fornisce LG Chem non passa attraverso la Huayou Cobalt”.
Da questa vostra indagine e dalle risposte che avete avuto dalle multinazionali che valutazione fate?
“Il quadro che emerge è quello di una mancanza complessiva di trasparenza. Sulla base delle risposte fornite dalle 16 aziende interpellate, Amnesty International sostiene che nessuna sia stata in grado di fornire informazioni dettagliate, sulle quali poter svolgere indagini indipendenti per capire da dove venga il cobalto”.
Quindi rispetto le regole internazionali che conclusione trae Amnesty?
“Riteniamo che sebbene il cobalto non sia tra i minerali oggetto di una normativa specifica che dovrebbe impedire di rifornirsi di materie prive provenienti da zone di conflitto, le aziende dovrebbero comunque seguire gli standard internazionali dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico, ndr) e dell’Onu che richiedono di fare ricerche lungo la filiera e di adottare rimedi nel caso si verifichino violazioni dei diritti umani”.
Il rapporto sul Congo è stato fatto in collaborazione con Afrewatch(African Resources Watch) di cui Emmanuel Umpula è direttore esecutivo. “È paradossale che nell’era digitale – ha commentato Umpula – alcune delle compagnie più innovative e ricche al mondo siano in grado di vendere dispositivi incredibilmente sofisticati senza dover dimostrare da dove arrivano le materie prime per le loro componenti”.
Aggiornato lunedì 25 gennaio 2016 ore 07:20

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